“Tutti gli indirizzi perduti” di Laura Imai Messina

Titolo: Tutti gli indirizzi perduti 
Autore: Laura Imai Messina 
Casa Editrice: Giulio Einaudi Editore
Collana: Supercoralli
Data uscita: 29 Ottobre 2024 
Pagine: 240 
Genere: Romanzo contemporaneo

-Finchè ci sarà qualcuno a scrivere le lettere, vorrei che ci fosse qualcuno qui a riceverle. Vede, dottoressa Katō, le persone hanno bisogno di scrivere. Ho capito che, per alcune di loro, farlo coincide con sopravvivere. […] 
In questi anni, -riprese il direttore,- mi sono imbattuto in tante storie e ho compreso l’importanza del gesto: ci sono persone che vivono meglio quando scrivono all’amante perduto, al padre defunto, al figlio malato oppure a se stesse, nel presente o nel passato. E’ stata un’epifania scoprire quanti io ci sono, uno per ogni anno che viviamo, uno per ogni esperienza che facciamo, e come, sommati insieme, facciano quelli che siamo. Se non avessi letto anziani rivolgersi all’io della prima elementare, oppure giovani donne che scrivevano alle loro versioni future, immaginando il giorno in cui sarebbero diventate mamme… ecco, non ci avrei mai fatto caso. […]
I bambini scrivono ai giocattoli che hanno smarrito, ai compagni con cui per qualche motivo hanno litigato, si rivolgono spesso agli animali di casa, quando, da un giorno all’altro, scompaiono; pongono a sé stessi delle domande enormi e apprendono così la morte. […]
I bambini vivono poeticamente il mondo.

Avete mai pensato dove finiscono tutte le lettere che contengono un indirizzo errato, cancellato o talvolta quelle senza francobollo o indirizzo?
Se vi siete fatti, queste domande, è il momento giusto per conoscere Awashima, una piccola isola del Giappone, in cui si trova un ufficio postale per le emozioni, dove sono custodite lettere destinate a defunti, ad amori mai nati, ma anche di adolescenti vittime di bullismo.
La protagonista del libro si chiama Katō Risa, è una ragazza di ventotto anni, che decide di andare sull’isola di Awashima per svolgere un progetto di ricerca connesso al Dipartimento di Storia e Letteratura dell’Università. 
Risa arriva ad Awashima, in una mattina di primavera dall’aria frizzanti, ed è curiosa di visitare l’ufficio postale alla deriva (questo è il suo nome). Nell’ufficio postale alla deriva sono contenute centinaia, migliaia di lettere molto emozionanti. C’è chi ha scritto al marito che non c’è più, chi al proprio cuscino, chi chiede perdono a una lucertola, a cui da bambino ha rubato la coda, chi si rivolge alla vecchia vicina di casa che gli leggeva libri quando era piccolo, chi manda cartoline alla madre che diventerà, augurandosi di saper trasmettere l’allegria. Il compito di Risa, sarà quello di catalogare tutte le lettere arrivate in dieci anni all’ufficio postale alla deriva. 
Risa ha ereditato dal padre, la passione per il suo lavoro, che ha lavorato tutta la vita come postino. Sin da bambina, Risa osservava il padre portare a casa, una busta piena di lettere, lettere che non era possibile consegnare al destinatario per vari motivi (aveva cambiato abitazione, il codice di avviamento postale era cambiato…), o l’indirizzo si era cancellato ed era quindi illeggibile, oppure non era presente.  
Il padre le aveva spiegato quando era bambina, che le persone scrivono a defunti, a un amore mai nato, anche a sé stessi per stare meglio. Vi erano anche delle lettere in cui era assente il francobollo, e il papà di Risa lo acquistava e lo applicava sulla busta, in modo da far arrivare la lettera al destinatario. 
E’ proprio grazie a suo padre, che Risa ha imparato la dedizione e la tenacia con cui ci si può prendere cura delle cose e delle persone. 

-Ma queste lettere sono diverse. L’indirizzo non esiste più.
-Non esiste più?
-No, non c’è. Oppure, se anche era scritto, ormai non lo si riesce più a leggere. Come questo, guarda. 
Le mostrò una busta di cartoncino scuro su cui erano sparse macchie irregolari. Pareva che qualcosa (dell’acqua?) fosse precipitato nel mezzo e avesse spinto l’inchiostro ai bordi.
-Sono lettere in cui è illeggibile sia l’indirizzo del mittente che del destinatario, oppure non è stato proprio scritto.
-Se lo sono dimenticato?
-Forse…o lo hanno intenzionalmente omesso.
-E allora a chi scrivono?
-A qualcuno che c’è… ma di cui non sanno l’indirizzo.
Risa strabuzzò gli occhi:-Qualcuno che c’è? 
-Si, per loro c’è. Sentono forte il bisogno di comunicare con quella persona, così forte che scrivono anche se non hanno più un indirizzo. […]
-E tu che fai allora?
-A volte si può risalire alla persona e cercare l’indirizzo giusto. In quel caso, si riesce a recapitare la busta. Però, quando è più leggibile neppure il nome o il codice di avviamento postale, lì c’è poco da fare. Ah, succede anche che alcuni si dimentichino di incollare il francobollo. 
-Che succede se lo dimenticano?
-In realtà, anche a quello si può rimediare. 
-Li metti tu, vero?
Il padre annuì, affrettandosi ad aggiungere-Ma li pago, non li rubo. Metto sempre i soldi in cassa. 
-Vedi,-riprese l’uomo, porgendo un’altra busta alla figlia,-il problema più grande è quando il destinatario non è scritto, come qui. In questo caso, la lettera proprio non parte.
-Non saprebbe dove andare.
-Esatto, non saprebbe dove andare. […]
-E le lettere allora? Cosa si fa? 
-Nulla, si raccolgono, si aspetta che venga qualcuno a reclamarle e, se nessuno si fa avanti, si smaltiscono. 
-Si smaltiscono? 
-Significa che si distruggono.
-Che brutto! 
-Sì, è molto brutto. E’ per questo che papà le tiene da parte, -mormorò l’uomo sfregando tra i polpastrelli la carta. -Alcune sono molto preziose […]
Ci sono dentro cose ancora più importanti dei soldi. Cose che la gente normalmente non riesce a dire a voce e allora le scrive.

Sua madre invece, era una donna che aveva sofferto e quando Risa aveva nove anni, la sua testa aveva preso una direzione diversa. La madre le diceva parole magiche per evocare le creature del bosco e il cui sguardo offuscato si accendeva all’improvviso su ciò che agli altri restava invisibile. Sua madre le aveva insegnato a guardare attentamente la natura, a provare curiosità verso tutto ciò che non si conosce perchè “è dall’incontro con gli sconosciuti che può nascere lo straordinario.”
Ma in realtà, Risa si trova ad Awashima per altri motivi personali, che non ha rivelato né al padre né agli abitanti dell’isola, l’unica persona a cui lo ha rivelato è la sua amica Sayaka. 
Per anni, Risa ha conservato un segreto: leggere le lettere che sua madre le ha scritto per anni. 
E’ così che cerca tra le migliaia di lettere, lettere piene d’amore, rimpianto, riconoscenza, biasimo e gioia. 
Chissà, se tra queste lettere, riuscirà a trovare quelle indirizzate a lei da parte di sua madre?

-Per principio io non credo nella parola <<fallimento>>, è un’espressione che non tiene conto di tutto il tempo che viene prima e di tutto il tempo che verrà dopo,- rispose rapida Risa. -Tuttavia le vite sono sempre riassunte in pochissimo e sì, probabilmente è ingiusto. Ma è solo così che ci si racconta. Non puoi dare i dettagli completi di una storia a una persona e aspettarti che quella ti ascolti e soprattutto che ti capisca. 

La scrittrice Laura Imai Messina dopo il grande successo nel 2020 di “Quel che affidiamo al vento” (Piemme), un vero e proprio caso editoriale, tradotto in oltre venti lingue, ha pubblicato altri libri come “L’isola dei battiti del cuore” (Piemme, 2022), “Tokyo tutto l’anno. Viaggio sentimentale nella grande metropoli.” (Einaudi, 2021/20222), “Le vite nascoste dei colori” (Einaudi, 2021/2022) e “Il Giappone a colori” (2023/2024). 
La scrittrice Laura Imai Messina torna in libreria con “Tutti gli indirizzi perduti”, utilizzando il suo stile poetico, profondo ed intenso per portare il lettore ad Awashima, una piccola isola nel mare interno di Seto, che ha una forma di un’elica e non più di centocinquanta abitanti. Awashima è un luogo magico e prezioso, dove ogni lettera è piena di pathos e sentimenti. 
Ogni lettera, racconta una storia che porterà il lettore a fare un vero e proprio viaggio, talvolta un viaggio introspettivo verso i nostri pensieri più intimi. 
I temi trattati sono i rapporti umani, imparare ad accettare e a lasciare andare, la fragilità dell’animo umano, talvolta confusa come se fosse una malattia, le lettere, la scrittura, gli sconosciuti, la natura, la poesia e l’amore. 
Lo stile di scrittura è scorrevole, piacevole, delicato, poetico, profondo ed intenso, pieno di pensieri meravigliosi che racchiudono il significato della vita e delle relazioni umane. 
I personaggi sono strutturati bene, grazie alle ampie descrizioni inserite dalla scrittrice, che permettono al lettore di entrare in empatia con ognuno di loro. Mi è piaciuto molto il padre di Risa, un uomo dedito al suo lavoro, che crede fermamente che si possono salvare le persone e le cose, ed è ciò che fa lui, salvando le lettere dalla macerazione, portandole direttamente a casa. Questo passaggio, questo “atto”, del padre di Risa è molto importante, perché si capisce il valore e l’importanza di scrivere, di scrivere per sé stessi, per stare meglio e la scrittura assume un valore quasi sacro. 
Consiglio questo libro a tutte/i coloro che desiderano leggere un libro in cui la scrittura, prende il sopravvento e mostra al lettore l’importanza e il valore, di scrivere una lettera, che è ben diverso da un’email. Una lettera, possiede parole scelte con cura, nei minimi particolari, richiede tempo per scriverla, ma anche per inviarla e aspettarla.
In un mondo in cui la tecnologia ha praticamente cancellato le lettere, questo libro ci fa tornare indietro nel tempo, in un mondo in cui le relazioni umane avevano più importanza di tutto il resto.
Consiglio questo libro anche a tutte/i coloro che desiderano emozionarsi, a chi desidera esplorare ogni sfaccettatura dell’animo umano.
Vi piacerebbe visitare Awashima?
Vi piacerebbe visitare l’Ufficio postale alla deriva? 
Fatemelo sapere nei commenti, 
Buona lettura 📚!!

“Per la brughiera” di Martina Tozzi

Titolo: Per la brughiera 
Autore: Martina Tozzi
Casa Editrice: Nua Edizioni
Data uscita: 24 Novembre 2023
Pagine: 464
Genere: Romanzo storico
Acquista: https://www.amazon.it/brughiera-Martina-Tozzi/dp/B0C8SBKNT7

E così iniziarono a lavorare tutte insieme, proprio come facevano da bambine. La loro stanza era il salotto: sedevano intorno al grande tavolo, Keeper e Flossy ai piedi delle loro preferite, e scrivevano per lunghe ore, fino a che il polso non faceva male.
Ognuna era immersa nel proprio mondo – non potevano essere mondi più diversi – ma ogni tanto un commento casuale, o un gemito di qualche animale, le riportava alla realtà. 

La scrittrice Martina Tozzi racconta la biografia delle famose sorelle Brontë: Charlotte, Emily e Anne. 
Il libro è ambientato nel 1821, a Haworth, un piccolo paesino dello Yorkshire, sommerso dalla maestosa brughiera, in cui vive Patrick Brontë. Patrick è un giovane reverendo, che deve occuparsi dei sei figli piccoli da solo, perché sua moglie Mary è morta. 
Dalla morte di Mary, la zia Branwell decise di trasferirsi nella brughiera, per cercare di ricoprire il ruolo di madre e di fornire un’educazione adeguata a Mary, Elizabeth, Emily, Charlotte, Anne e Branwell, l’unico figlio maschio. 
Trascorsero la loro infanzia nella canonica, circondati dal silenzio e dalla bellezza della natura, lasciando scorrere la propria immaginazione in luoghi magici e fantastici.
Ognuno di loro, si divertiva a scrivere delle storie, era il loro modo di giocare e di condividere la loro passione per la scrittura. 
Charlotte e Branwell erano molto simili, amavano la scrittura, ma erano certi di possedere un dono, che gli avrebbe permesso di diventare degli importanti scrittori. 

Charlotte e Branwell venivano percorsi dallo stesso identico pensiero: anche loro possedevano quel demone. Anche loro erano dei geni, nel loro sangue correva la scrittura, come una maledizione e una benedizione insieme: dovevano scrivere, comporre, dovevano mettersi nella sedia, intingere la penna d’oca nell’inchiostro e poi passarla sulla carta, e creare parole, frasi, mondi e sentimenti nuovi. 
E, se come Byron sentivano quella fame, come lui avrebbero conquistato la fama, per sempre. 

Branwell è un ragazzo molto sensibile, che ha ricevuto un’educazione adeguata dal padre Patrick, un uomo molto severo ma anche coraggioso, che è riuscito a trasmettere ai suoi figli alcuni valori importanti, che raramente si trovavano in quel periodo storico. 
Un giorno, Patrick e la zia Branwell decidono di mandare le giovani sorelle a studiare in una struttura adeguata, che gli avrebbe permesso di avere la giusta istruzione ed educazione femminile. 
Le prime ad andare in collegio, furono Maria ed Elizabeth, in seguito Emily e Charlotte; mentre la piccola Anne ebbe il privilegio di rimanere a casa, insieme al fratello Branwell, al padre, alla zia e alla domestica Tabby. 
Tabby è un personaggio secondario nella storia, ma molto importante, perché è molto prudente e disponibile, e sostiene ogni membro della famiglia Brontë.
Ma la vita in collegio non era semplice, soprattutto per la carenza delle condizioni igieniche, che fecero ammalare Mary ed Elizabeth. 
Il padre Patrick si ritrova a dover elaborare e superare un altro lutto, dopo la perdita della moglie Mary, anche due delle sue figlie erano morte, lasciando dentro di lui un vuoto. 
Da questo momento, Charlotte diventò la sorella maggiore, che avrebbe dovuto proteggere le sue sorelle più piccole: Emily e Anne. 
Charlotte ed Emily tornarono a casa dopo la morte di Elizabeth, assaporando ogni cosa: dalla natura, all’amore del proprio padre e zia, all’affetto del proprio fratello e di Anne, ai loro animali Keeper e Flossy, ma anche alla cucina deliziosa di Tabby. 
Charlotte, Emily e Anne hanno una grande passione: la scrittura. Ma vivono in un periodo storico in cui le donne, sono solo mogli, madri e non scrittrici. Ma la loro passione per la scrittura non le fermerà, e ogni sera le tre sorelle Brontë, si ritroveranno nel salotto a scrivere, per ore e ore. 

Cosa aveva a che fare il suo essere donna con il suo talento, con le sue capacità, con i suoi desideri? Forse perché era donna doveva essere un’immaginetta spenta e noiosa, senza sogni, senza ambizione alcuna se non quella di compiacere un marito – e lei, ormai da tempo, si era convinta che mai ne avrebbe avuto uno – paga solo di compiere il proprio dovere?
Non esistevano donne di tale foggia, le donne, come gli uomini, erano creature fatte di carne, cuori palpitanti e sogni, e come gli uomini avevano cervelli pensanti e immaginazione in cui rifugiarsi, e desideri e aspirazioni.
Erano stati gli uomini a creare quel modello serio e tranquillo di una donna mite e ansiosa di obbedire.

Grazie all’intraprendenza e all’ambizione di Charlotte, riescono a pubblicare le loro opere con lo pseudonimo Currer (Charlotte), Ellis (Emily) e Acton (Anne) Bell. La loro scelta non fu casuale, scelsero dei nomi che potevano essere sia maschili, che femminili per cercare di sconfiggere i pregiudizi nei confronti delle donne, che si dedicavano alla scrittura. 
Charlotte, Emily e Anne cercheranno di ottenere la loro indipendenza, in un mondo rigorosamente maschile, rafforzando sempre di più il loro legame unico, molto potente.

Per la brughiera, per la brughiera dove l’erba colta
Come velluto si sdraiava sotto di noi!
Per la brughiera, per la brughiera dove ogni altro valico, 
Si alzava soleggiato verso il cielo limpido!

Per la brughiera, dove il fanello trillava 
La sua canzone sulla vecchia pietra di granito – 
dove l’allodola – la selvaggia allodola riempiva
ogni respiro con una delizia come la sua.

La scrittrice Martina Tozzi dopo il successo del libro “Il nido segreto”, sulla vita di Mary Shelley, torna con il secondo romanzo dal titolo “Per la brughiera”, per raccontare la biografia delle sorelle Brontë. 
Il lettore si ritroverà a vivere nella canonica, immersa nella bellezza della brughiera inglese, gli affetti famigliari profondi e la scrittura. 
I temi trattati sono la morte, il dolore, i legami familiari, la bellezza della natura, gli animali, l’istruzione, l’arte, la scrittura, il matrimonio, il ruolo della donna nella società e la fede. 
Lo stile di scrittura è delicato, profondo, scorrevole, classico e pieno di dolcezza, in grado di far emozionare e commuovere il lettore, grazie alle abilità della scrittrice Martina Tozzi. 

Il lettore prima di immergersi nella storia, troverà all’inizio di ogni capitolo delle citazioni della famiglia Brontë, che lo avvicineranno ai sentimenti di ognuno di loro. 
Le protagoniste sono strutturate molto bene, grazie alla cura nei dettagli e alle descrizioni della scrittrice, che permettono al lettore di conoscere l’intelligenza, la determinazione e i sentimenti delle sorelle Brontë. 
Consiglio questo libro a tutte/i perché è una storia avvincente e commuovente, raccontata con lo stile che contraddistingue la scrittrice Martina Tozzi, uno stile lineare, chiaro, coinvolgente e dolce. 
Ringrazio la scrittrice Martina Tozzi per avermi inviato in anteprima, la copia cartacea del suo libro, che mi ha permesso di immedesimarmi in queste tre grandi donne, che con coraggio hanno “sfidato” la società dell’epoca per dimostrare il loro valore di donna e scrittrice. 
Avete mai letto una biografia romanzata sulle sorelle Brontë? 
Conoscete la loro storia? 
Fatemelo sapere nei commenti!!
Buona lettura 📚📚!!