“Quando i fiori avranno tempo per me” di Sara Gambazza

Titolo: Quando i fiori avranno tempo per me 
Autore: Sara Gambazza 
Casa Editrice: Longanesi Editore 
Collana: La Gaja scienza 
Data uscita: 10 Giugno 2025 
Pagine: 372 
Genere: Romanzo contemporaneo 

Il pianto di Ninfa si ruppe in singhiozzi. Lasciò cadere il grembiule guardando la margherita di carta che, attraverso le lacrime, sembrava più grande. Sentiva la testa vuota, i pensieri erano fuggiti via tutti insieme.
Eppure pesava tantissimo. […]
Ninfa si morse il labbro così forte da farlo sanguinare, ma le lacrime non ne volevano sapere di restare dentro gli occhi. Allora si accucciò, abbracciandosi le gambe e nascondendo il viso tra le ginocchia. Sarebbe stato bello scomparire un momento, chiudere la tristezza in una scatola e tornare con una faccia bella. Ma di sparire non era capace e una scatola per la tristezza non sapeva dove trovarla, perciò se ne stava lì, ad ascoltare i propri respiri spezzati e i sospiri di sua madre. Anita con un’ultima imprecazione, si sedette accanto alla sua creatura che pareva un uccellino così piccola e avvolta su sé stessa. Ne cercò il mento e lo sollevò baciandola in fronte. 
<<Ninì, lo so che sei intelligente… più di me, della Rosa e dell’Oltretorrente tutto. E vuoi sapere una cosa? M’era venuto da pensare che magari da grande diventavi un dottore e compravi una bella casa dove potevamo stare tutte insieme a far morire d’invidia la città intera. Ma le cose adesso vanno male… e io a scuola proprio non ti ci posso mandare…>>
Ninfa chiuse gli occhi perchè la sua mamma gentile, in qualche modo, le faceva più male di quella arrabbiata. 
Anita le asciugò le guance coi pollici. […] 
<<Brava, sorghetta, lo sapevo che capivi. Le cose andranno meglio, vedrai… E poi, chissà…sei così bella che magari un dottore te lo sposi.>>

Il libro è ambientato a Parma nel 1922 e racconta la storia di Anita e delle sue due figlie, Rosa e Ninfa. 
Anita vive nell’Oltretorrente, una zona estremamente povera, non ha un lavoro, non ha un marito, ma ha due figlie piccole: Rosa e Ninfa. 
Per il borgo, Anita è solo la Bórda, la puttana dell’Oltretorrente da evitare di giorno e cercare di notte. Ma Anita è molto di più, è una donna che ha dovuto crescere troppo in fretta, dopo la morte della madre, e che per sopravvivere alla fame e alla miseria ha iniziato a vendere il proprio corpo. 
Anita non è una madre come le altre, ma dietro al suo carattere forte, rigido, che la vita l’ha obbligata a crearsi, si nasconde un cuore morbido e l’amore per le sue due figlie. 
In molte occasioni, il lettore sarà partecipe di dialoghi pieni d’affetto, d’amore tra Anita e le sue due figlie, una mamma disposta a tutto per proteggere le sue figlie da un mondo che le giudica, le respinge senza pietà e umanità. 

<<Dona qualcosa alla causa. Fallo per me Anita bella.>> 
Lei fremette. 
Non per il gesto, né per le dita callose che le graffiavano i polsi, né il fiato aspro, o il sudore pungente che gli ingialliva la camicia. 
Anita bella. 
Fu quello. Veniva pronunciato così di rado il suo nome che, quando accadeva, le suonava in testa come un tintinnio e le metteva addosso la nostalgia della pelle di sua madre, della rabbia del fiume lungo il quale era cresciuta, dei lunghi baffi di suo padre, mai visti e mille volte raccontati. 
Anita rivolse a Giovanni un sorriso dei suoi, storto, a occhi stretti, e gli scoccò un bacetto in fronte spingendosi sulle punte dei piedi. 

All’inizio del libro, Rosa va a scuola per cercare di apprendere le basi: imparare a leggere, scrivere e fare di conto. Anita non aveva avuto la fortuna di poter studiare e desiderava che il futuro di Rosa e Ninfa fosse diverso dal suo. 
Ma purtroppo, l’Italia vive un periodo molto difficile a causa della guerra, in tutte le piazze si assiste alla violenza brutale degli squadristi che uccidono senza pietà.

Il Duce era in città per la consegna della Spiga d’Oro, perchè di grano se n’era prodotto più lì che in tutto il regno, e attraversava le strade su una decappottabile da cui salutava la folla accalcata sui marciapiedi. […]
<<Io la guerra la odio>> sentenziò Rosa cercando conferma negli occhi di Ninfa. 
Lei, com’era suo uso, si strinse nelle spalle: non le interessava poi molto. Odiava i fascisti piuttosto, che avevano cercato di cancellare l’anima all’Oltretorrente già in tempo di pace, odiava la maledetta tessera annonaria, che allungava le pance di fame profonda. Odiava la miseria, che si metteva continuamente per traverso sulla sua strada obbligandola a saltare anche quando i piedi le andava di tenerli per terra. 

Il clima ostile della guerra ha ripercussioni nella vita di Anita, che non ha più clienti.
Anita, non può far altro che mandare Rosa a lavorare per la Severa, una donna con gli occhi sempre arrabbiati, che ha dovuto arrangiarsi da sola, da quando il marito era morto, mentre lei aspettava la loro bambina, che in poco tempo era morta a causa della tosse. 
Per questo motivo, Severa, ha sempre un’espressione arrabbiata, di chi ha dovuto fare i conti con il destino e la crudeltà della vita. 
Mentre Rosa prenderà servizio per la Severa, Ninfa che è troppo piccola per lavorare, inizierà la scuola.

<<Chiudi gli occhi.>>
Rosa li serrò così forte da vedere blu.
<<Adesso aprili.>>
Una catenina d’oro con un piccolo ciondolo a forma di cuore pendeva tra le dita di sua madre. La sfiorò.
<<Dove l’hai presa?>>
<<E’ un gioiello di famiglia. E’ rimasto per tanto tempo sotto un sasso, nella golena del Po. Poi mia mamma è andata a prenderlo e l’ha dato a me. Mi ha detto che è di un cugino ricco che prima o poi torna qua e ci porta tutte nel suo palazzo a far la vita da signore!>>
Rosa sapeva che sua madre inventava un sacco di storie e al cugino ricco non credette, ma la dolcezza della sua voce la face piangere e le dispiacque, perchè avrebbe voluto sorridere invece. […]
Anita le asciugò le lacrime con l’orlo della gonna, aprì il fermaglio e le mise il gioiello al collo.
<<E’ tua. Avevo promesso che la davo alla mia figlia più bella.>>
Anche quella era una bugia, era Ninfa la figlia più bella, ma a Rosa non importava e l’abbracciò stringendole la camicia nei pungi.
Anita pizzicò il ciondolo e glielo infilò nell’abito. 

Ninfa è molto diversa dalla Rosa, ha un occhio particolare, quando si arrabbia la pupilla scende verso il naso. Ninfa ha un “dono”, se così si può definire, sente il “puzzo della morte” di signori/e che incontra per strada, che la fa subito vomitare. 
La prima volta che era successo, Anita aveva paura che sua figlia fosse impossessata dal demonio, ma è pronta a difendere sua figlia Ninfa da ogni presa in giro e pregiudizio.
A Ninfa, a differenza di sua sorella Rosa, piace andare a scuola, annusare la carta dei quaderni e dell’inchiostro, ma anche ascoltare la maestra Vincenza.
Vincenza è una donna vestita sempre bene, non appartiene all’Oltretorrente, ma dalla morte dei suoi fratelli non riusciva più a vivere come prima e per questo, aveva accettato di lavorare in un borgo povero, dove la povertà si tocca con la mano.

Ma la guerra era arrivata con l’aria vaga di chi s’infila dove non deve e, senza chiedere permesso né scusa, aveva soffocato la quotidianità con una coperta grigia d’incertezza. Aveva seppellito le domeniche. Aperto la porta al dolore. […]
Nemmeno i corpi aveva restituito quella guerra maledetta, persi chissà dove come la mente della loro madre: ingrigita, improvvisamente incapace di vedere nel cielo la porta del paradiso di cui spesso raccontava ai figli ancora bambini. Il padre, l’uomo più ricco di sorrisi che Vincenza conoscesse, dopo la scomparsa dei suoi ragazzi si era sforzato di ridere ancora. Ma lo faceva con gli occhi vuoti, tanto che la bocca pareva una ferita sul viso invecchiato. Il cuore gli si era fermato mentre piangeva da solo nella stanza del figlio maggiore.Vincenza lo aveva trovato seduto, chino sul proprio petto, e gli aveva asciugato le guance bagnate maledicendo la morte, che non si era degnata di aspettare la fine di quel pianto segreto. 
In quel momento scomparvero dalla sua vita i profumi. E i sapori, e i colori di un tempo che non sarebbe tornato. […] 
Ogni replica di ciò che era stato risultava sbiadita e intrisa di una tristezza pallida, che le cancellava lo spirito in modo inesorabile. Per questo era partita. Per questo si era sporcata le mani ficcandole nella miseria più indecente, tra figli di prostitute e poveri lavoranti, madri analfabete e padri che insegnavano il rispetto con la cinghia. 
 

Dal primo giorno di scuola, Ninfa è oggetto di insulti e pregiudizi per il lavoro che fa sua madre Anita. Ma Ninfa, ha un carattere diverso da Rosa, e dimostra ai suoi compagni che con il suo occhio e il suo carattere, non è disposta a sentire cattiverie sul suo conto. 
Ninfa impara a scrivere, a leggere, è molto intelligente e prende in prestito dalla biblioteca della scuola i libri, a cui strappa le pagine per conservarle gelosamente in una scatola di latta contenente i suoi effetti personali. 
Ma Anita non riesce a pagare l’affitto della casa, solo con lo stipendio di Rosa e deve mandare sua figlia Ninfa a lavorare. 
Per Ninfa sarà un dolore molto grande non andare più a scuola… ma la loro condizione economica si è aggravata da quando, una donna di nome Ida, aveva aperto un bordello nel Borgo della Morte. 
Per questo motivo, Anita non aveva più nessun cliente e quelli più affezionati, erano morti a causa della tosse. Anita ha il cuore e l’anima in frantumi, nessuno al borgo è disposto ad assumere una puttana, ed è costretta a far lavorare le sue figlie per sopravvivere. 
Ninfa non lavorerà per la Severa, come sua sorella Rosa, ma si occuperà di portare dei sacchi di ghiaccio. 
Ma la maestra Vincenza, che si era affezionata alla lingua tagliente e all’intelligenza di Ninfa, decide di andare in casa di Anita per convincerla a mandare a scuola la figlia. 
Per la prima volta, Anita si apre totalmente con una sconosciuta, le racconta la sua vita, la loro situazione economica e piange, liberando la propria anima dalla sofferenza. 

Coprì il viso con le mani e singhiozzò, stupita che il suo corpo si prendesse tanta libertà: lei non glielo aveva detto di sicuro di frignare così di fronte alla signora con gli occhi celesti. 
A spogliarsi nuda grattandosi il sedere si sarebbe vergognata di meno.
Vincenza si alzò e le si accostò con cautela, attenta a non spezzare il filo sottile di confidenza nato dalla disperazione. La sfiorò: prima le spalle, poi i polsi e le mani. Infine l’avvolse in un abbraccio, un po’ rigido all’inizio, ma che, alla risposta di Anita, divenne caldo e prezioso.

E’ proprio grazie a questa chiacchierata con la maestra Vincenza, che Anita prende una decisione: andare al Borgo della Morte e lavorare per Ida. 
Ida è una donna che mostra a tutti un carattere burbero e aspro, ma in realtà è molto buona, compassionevole e decide di prendere Anita e le sue figlie nel suo bordello. 
Ida come Anita, è madre di Angelo e Olga, ma anche di Quinto, un bambino robusto e grande fisicamente, ma con l’intelletto di un bambino di due anni.
Ida, aveva trovato Quinto per la strada, e dopo aver cercato i suoi genitori, che probabilmente, avevano abbandonato il figlio per la sua condizione, aveva deciso di prendersi cura di lui. 
Quinto ha un aspetto di un gigante, ma con un cuore e anima di un bambino, a cui è impossibile non affezionarsi. Infatti, Ninfa si affezionerà particolarmente a Quinto, e insieme condivideranno la passione per i libri. 

Poi con un borbottio che sa Dio cosa vuol dire, mi abbraccia. Sa di sudore e minestra, la sua barbetta riccia gratta come un sacco di juta. Credo di volergli un poco di bene. 
Quando molla la presa, lo accarezzo sulle guance. 
<<Ti piacciono le storie di avventura?>>
Fa un sorriso larghissimo. Scendo dalla cassetta e gli dico di chiudere gli occhi. Li chiude e mi scappa una risata per quanto è buffo con le palpebre che tremolano tutte. 
Sposto una pila di stracci, prendo i miei Robinson adorati e mi siedo per terra a gambe incrociate. Gli dico di guardare. Vede il libro e riesce a sorridere ancora di più. Si arrotola stretto accanto a me, perchè lui le tavelle del soffitto le coccia con la testa: gli mostro la copertina, dico uno per uno i nomi degli uomini aggrappati alla zattera. 
Lui guarda, mi abbraccia, guarda ancora, indica facendomi ripetere. Attacco a leggere il primo capitolo e mi accorgo che si scorda di tirare l’aria nel petto per quanto è preso.
Gli mostro la prima immagine: l’accarezza e dopo accarezza me con le sue mani raspose. 
<<Siamo amici?>> mi chiede con la bocca umida di saliva. 
Gli faccio segno di sì e lui mi si acciambella accanto chiudendo gli occhi: tempo di coprirlo col mio giacchetto e già russa beato.

Nel Borgo della Morte, Anita, Rosa e Ninfa, si abituano presto alla compagnia di Ida e dei suoi figli, Angelo, Olga e Quinto, ma anche di Pinna, Marianna e la signora vecchia, che vivono nel bordello. 
Da quando si sono trasferite al bordello, la loro vita è cambiata: Rosa si è allontanata da Ettore, un ragazzo di cui si era innamorata dal primo giorno, che era entrato in casa per sua madre Anita; Ninfa, aveva ripreso ad andare a scuola per ottenere la licenza elementare e Anita, era più serena di condividere le sue preoccupazioni con le altre donne del bordello. 
Ma la guerra e il fascismo, oltre a devastare la città e gli italiani volontari che decidono di combattere, porta con sé la fame. Nel Borgo si vedevano solo bambini con corpi magrissimi, donne con vestiti larghi e uomini, costretti a stringere la cintura per non perdere i pantaloni. 
Anche al bordello del Borgo della Morte, si sentiva la fame, specialmente da quando non avevano più clienti ed era stata introdotta la tessera annonaria. 
La tessera annonaria, conosciuta come “la tessera della fame”, era un libretto, tessera, introdotto in Italia durante la Seconda Guerra Mondiale, per razionare i beni di prima necessità, come il pane. 
Ed è proprio per la fame e la mancanza di pane, che molte donne, tra cui le ragazze del Borgo della Morte, hanno partecipato a una protesta, iniziata con il saccheggiare un camioncino che portava il pane e terminata tra le urla, davanti alla prefettura. 

La mattina del 16 Ottobre la tenutaria del Bordello di Borgo della Morte, le sue belle e le sue ragazze si ritrovarono davanti alla fabbrica di Scarpe Zanlari da dove, insieme a un numero di donne che due cifre non bastavano a numerarle, si mossero per assaltare il furgone del pane che avrebbe fatto tappa in via Imbriani. Aspettarono che il conducente scendesse a fare le consegne per saccheggiarlo, ficcando micche e filoni sotto il braccio, nelle camicette rivoltate, nelle tasche delle sottane. Qualcuna si perse nella smania di portare a casa quel ben di Dio, Pinna corse dai Donati ancor prima di addentarne un pezzo, ma le più restarono unite, rabbiose e fiere, decise a urlare alla cintera intera e al prefetto quanto la fame picchiasse duro. Marciarono al grido di Pane! Pane!, resistettero al getto d’acqua degli idranti, gridarono la loro disperazione a chi le additava con disprezzo. Giunte di fronte alla prefettura, si abbracciarono orgogliose, Pane! Pane! ripresero a urlare, finché la polizia fascista non brandì i manganelli e prese a colpirle, perchè tanta sfacciataggine meritava mani pesanti. 
Ma alle botte le donne dell’Oltretorrente erano abituate, avevano la pelle spessa, le ossa di marmo: si allontanarono stringendosi a braccetto e continuarono a far rumore fin dove c’erano orecchie a poterle sentire.
Le belle del bordello, con zia Ida in testa, tornarono al bordo festanti, col pane nelle tasche e un unico cuore a farle volare alto. 
Scesero in refettorio, buttarono il pane sul tavolo e risero di gusto, con le mani ai fianchi e i piedi a pestare al ritmo della risata. 
Fu il quel momento, quando la felicità sembrava poter toccare il cielo, che […] vide nero. 
Così, all’improvviso. 
Crollò sul pavimento come una torre di carte. E la felicità sprofondò nel nero con lei.

Tra rivolte, ingiustizie, amore e segreti sepolti sotto la polvere delle strade, si snoda la narrazione di questo libro emozionante, intenso e struggente con personaggi umani e realistici. 
Che cosa accadrà ad Anita, Rosa, Ninfa e alle ragazze del Borgo della Morte?

L’amore. 
Credeva non fosse che il fremere dolciastro che il libercolo sottratto anni prima alla donna addormentata, raccontava. 
Di quei brividi fatti di niente era convinta di poter fare a meno. Ma negli ultimi giorni, aveva sentito in corpo tutt’altra spinta: un pulsare violento, un desiderio ruvido che aveva trascinato con sé ogni altro pensiero. 
Ettore. 
Con l’odore di sale e sudore che ricordava. Con mani grandi e braccia che sapevano stringere con tenerezza. Con la guerra a piegargli la schiena e il bisogno di serenità negli occhi.
Ettore. L’amore di sua sorella. 

 Qui puoi trovare la recensione del romanzo d’esordio “Ci sono mani che odorano di buono” : https://deborahcarraro97.com/2023/03/09/ci-sono-mani-che-odorano-di-buono-di-sara-gambazza/

La scrittrice Sara Gambazza dopo il successo del suo romanzo d’esordio “Ci sono mani che odorano di buono” (Longanesi, 2023), torna in libreria con “Quando i fiori avranno tempo per me”, una nuova storia emozionante, ispirata (in parte) a sua nonna, con il personaggio di Ninfa. 
La scrittrice Sara Gambazza, al centro dei suoi libri, inserisce dei personaggi “ultimi”, proprio come Anita, Rosa e Ninfa, poste ai margini della società. 
La scrittrice Sara Gambazza, ha uno stile di scrittura scorrevole, intenso, struggente e delicato, in grado di arrivare al cuore e all’anima di ogni lettore. 
Ogni parola, ogni frase, all’interno di questo libro è un colore, un sentimento, un dolore, perchè la scrittrice utilizza parole poetiche, intense, delicate e profonde. 
I temi trattati sono la Seconda Guerra Mondiale, la fame, la guerra, la violenza, la morte, il bordello, il rapporto tra sorelle, l’amicizia, la tenacia, la dignità, il fascismo, l’analfabetismo e la difficoltà per molti/e bambini/e di andare a scuola a causa delle condizioni economiche della loro famiglia, i pregiudizi, le cicatrici, le donne e l’amore, capace di sfidare la guerra.
I personaggi sono strutturati bene, grazie alla bravura della scrittrice di rendere ogni personaggio (principale e secondario), realistico, pieno d’umanità. 
Consiglio questo libro a tutte/i coloro che desiderano leggere una storia emozionante, intensa, che racconta una storia di miseria, di coraggio, di sopravvivenza e dignità. 
Consiglio questo libro anche a tutte/i coloro che sono alla ricerca di un libro con una trama solida, costruita alla perfezione, con personaggi umani, che arrivano direttamente al cuore e anima del lettore. 
Ringrazio la scrittrice Sara Gambazza e la casa editrice Longanesi editore, per avermi inviato la copia cartacea del libro, che mi ha permesso di conoscere Anita, Rosa, Ninfa, Ettore, Vittorio, Angelo, Quinto, Olga, Ida e le altre ragazze del Borgo della Morte. 
Lasciatevi travolgere dalla penna delicata di Sara Gambazza e alla fine del libro, vi sembrerà di conoscere per davvero ogni personaggio!!
Buona lettura 📚📚!!

“Se esiste un perdono” di Fabiano Massimi

Titolo: Se esiste un perdono 
Autore: Fabiano Massimi 
Casa Editrice: Longanesi editore 
Collana: La Gaja scienza 
Edizione: 2
Data uscita: 24 Gennaio 2023 
Pagine: 320 
Genere: Romanzo storico 

Per molti di loro era il primo viaggio senza la famiglia, e tutto era così nuovo che non pensavano già alla vita che si stavano lasciando alle spalle, alle madri e ai padri che li avevano accompagnati in stazione fingendo serenità per affidarli a degli sconosciuti, ai fratelli e agli amici che non avevano trovato posto sul convoglio e sarebbero partiti, forse, con i prossimi. Sulle guance dei più piccoli, le lacrime della partenza avevano disegnato tracce scure, saline, come ombre indelebili, ma i loro occhi splendevano osservando il mondo che si apriva oltre il vagone, e il rombo delle ruote sui binari li riempiva di entusiasmo. Entro la fine della giornata avrebbero visto il mare -il mare!- e si sarebbero imbarcati per l’Inghilterra, un luogo remoto e inimmaginabile che fin lì era esistito soltanto nei libri. Il tempo della nostalgia sarebbe venuto più tardi. Adesso era il momento dell’eccitazione. 

Questo libro racconta una storia vera, poco conosciuta di un uomo di nome Nicholas Winton, che con il suo coraggio nelle tre settimane trascorse in Cecoslovacchia tra la fine del 1938 e l’inizio del 1939, era riuscito a mettere in salvo più di seicento bambini ebrei con i kindertransport. Hilter, aveva deciso di invadere la Cecoslovacchia e le persone che risiedevano nei territori limitrofi, come i Sudeti, che avevano dovuto lasciare le proprie terre e rifugiarsi in Boemia a Praga, nei campi profughi. 

In quei giorni a Praga c’erano migliaia di profughi, per la maggior parte fuggiti dai Sudeti come me, e ancora più numerosi erano i dissidenti e gli ebrei, che dopo la Notte dei Cristalli avevano capito una volta per tutte di non essere al sicuro. Chi aveva i mezzi e i contatti era scappato di corsa, spesso senza una valigia; chi non li aveva si dannava per trovarli. Lasciare il paese stava diventando la prima preoccupazione per chiunque temesse di trovarsi nelle liste di Himmler: intellettuali, giornalisti, politici, militanti, simpatizzanti di fazioni antinaziste… Un piccolo esercito senza armi che sapeva di non avere speranze contro la Gestapo e si preparava all’esilio volontario. 

Nicholas Winton è un uomo di trent’anni, che dopo una breve parentesi nell’esercito, si occupava di gestire la borsa a Londra. Nicholas è ebreo e insieme al suo amico, decidono di rinunciare alla settimana bianca per dirigersi a Praga, per mettersi in contatto con un’associazione che si occupava di organizzare viaggi da Praga a Londra, per salvare molte persone.
E’ così che Nicholas, incontrerà per la prima volta Doreen Warriner, la rappresentante ufficiale di un’organizzazione non governativa, “impegnata ad alleviare le condizioni dei bambini nelle aree di guerra, Save the Children.” 
La narrazione del libro si suddivide in cinque parti, la storia si sviluppa da novembre del 1938 a giugno del 1939. La voce narrante è un personaggio di fantasia, ovvero Petra Linhart, una ragazza di ventitré anni che aveva perso da poco il marito e il figlio che portava in grembo. 
Un giorno, mentre Petra stava lavorando in un pub, un signore di nome Werner, decise di farle conoscere Doreen, la donna che le avrebbe cambiato la vita. Da quel momento, Petra, divenne il braccio destro di Doreen, si occupava di molte mansioni come preparare i documenti, organizzare il viaggio e di far sì, che tutto procedesse secondo i piani. 

Petra Linhart, invece, era preoccupata. A ventitré anni, era una delle passeggere più anziane sul treno, incaricata insieme a cinque colleghi di badare alle necessità dei bambini e assicurarsi che tutto filasse liscio nelle diciotto ore che separavano Praga da Londra. Sotto la sua responsabilità ricadeva non solo il vagone in cui viaggiava -il numero cinque, trentasei passeggeri fra i quattro e gli undici anni, per metà maschi e per metà femmine, quasi tutti ebrei- ma l’intera spedizione,  che aveva aiutato a organizzare. Dalla scelta dei nominativi, alla ricerca dei visti, dal controllo dell’unico bagaglio concesso a ogni bambino alla preparazione dei pasti per il viaggio, all’accoglienza delle famiglie sotto le arcate della stazione Wilson alla gestione dei rapporti con le autorità naziste lungo il percorso. […] 
Sarebbe riuscita a reggere la tensione fino alla fine? 
E se qualcosa fosse andato storto, avrebbe avuto la prontezza necessaria per reagire?

Sarà proprio grazie a Nicholas, che Doreen, Trevor Chadwick e Petra, organizzeranno dei viaggi per salvare il maggior numero di bambini. Nicholas insieme a Petra, si occuperanno di incontrare madri, padri e familiari, disposti a tutto per salvare i propri figli, anche a fidarsi di due completi sconosciuti. 
Grazie a questo programma, Nicholas e gli altri volontari, riuscirono a trovare un accordo con il Regno Unito, l’unica nazione disposta ad accogliere quasi 10.000 minori non accompagnati provenienti dalla Germania, Austria, Polonia e Cecoslovacchia. 

Salvare i rifugiati. 
Salvare i bambini.
Salvare il paese, forse. 
Ma se il paese non avesse voluto farsi salvare? 

Un nuovo sospiro, più amaro, poi aprì il cassetto della scrivania, dove erano ammucchiate le copie di tutte le fotografie che avevamo raccolto fino a quel momento: femmine e maschi, piccoli e grandi, con i capelli biondi, castani, mori oppure rossi, con occhi chiari e con occhi scuri, nasi alla francese schiacciati, appuntiti… Erano centinaia, quelle fotografie. Centinaia gli sguardi che ci scrutavano -che ci imploravano- ogni volta che aprivano il cassetto, e a ognuno corrispondeva una storia, una famiglia, un sacrificio. 
A ogni sguardo -ma solo a uno, l’unico concesso per ogni bambino- era affidato un futuro, o la sua assenza.

Fu così che Nicholas, Doreen, Trevor e Petra, riuscirono a salvare molti bambini. Ma Nicholas, si affezionerà a una bambina, conosciuta da tutti come la “Bambina del Sale”. 
La Bambina del Sale, è una bambina che durante la notte si trovava nei vicoli meno conosciuti, con pochissima luce, per vendere alla modica cifra di una moneta, un sacchettino azzurro, contenente il sale. Una sera, Nicholas, dopo una lunga giornata di lavoro, si era ritrovato in un vicolo sconosciuto, molto buio e aveva assistito a una brutta scena: Vodnick, un nazista (soprannominato dalla Bambina del Sale “il gigante”), stava trattenendo con la forza una bambina: la Bambina del Sale. 
Nicholas non aveva esitato nemmeno un secondo, e aveva salvato la Bambina del Sale dalle grinfie di Vodnick. Ma Vodnick, è disposto a tutto per recuperare quella bambina, anche a pagare una grossa somma a chiunque, gli fornisca le informazioni per ritrovarla. 
Nicholas è determinato a salvare la Bambina del Sale e ogni bambino… 
Riuscirà a salvare la Bambina del Sale e tutti i bambini? 

<<Io non so se esiste un destino>> continuò Nicholas, <<ma se esiste, il mio è salvare Margaret. Pensavo di essere venuto a Praga per tutti quei bambini senza volto e senza nome. Ed è così, in parte. Salvarne più che possiamo. Salvarli tutti, se possibile. Ma ora so: ora sento – che ero qui per incontrare Margaret Sedlàk. E se non posso portarla via con me oggi, devo essere sicuro che tu la troverai e la metterai su quella lista, in partenza con i primi treni.

Lo scrittore e filosofo Fabiano Massimi, dopo il successo dell “Angelo di Monaco” (Longanesi, 2020) e “I demoni di Berlino” (Longanesi, 2021), due thriller storici tradotti in numerose lingue e con cui ha vinto il Premio d’Asti d’Appello in Italia e il Prix Solar 2022, in Francia, pubblica “Se esiste un perdono”. 
Lo scrittore Fabiano Massimi in “Se esiste un perdono”, riporta sotto i riflettori una storia vera, poco conosciuta: la storia di tre Angeli (Nicholas, Trevor e Doreen), che con coraggio, forza, hanno salvato centinaia di bambini. 
Nel corso della storia, lo scrittore ha inserito dei fatti puramente inventati, come il quarto personaggio Petra Linhart e la Bambina del Sale per questioni narrative. 
I temi trattati sono il destino, il nazismo, la guerra, il tradimento, lo sterminio degli ebrei, la libertà, la morte, il coraggio, l’amore, l’amicizia e il male, che ancora oggi è presente nella nostra società, e che mette in evidenza la cattiveria e l’ignoranza dell’essere umano. 
Lo stile di scrittura è scorrevole, piacevole, magistrale, poetico ed emozionante, con molte descrizioni storiche e sulla bellissima città di Praga. 
Lo scrittore Fabiano Massimi contestualizza la storia, descrivendo nei minimi dettagli  Praga, una città magica e misteriosa, in cui per fini narrativi è stato creato il personaggio di fantasia della Bambina del Sale. La Bambina del Sale è come una creatura magica di una fiaba, che con il suo vestito bianco, il mantello e il canestro, contenente i preziosi sacchettini azzurri di sale, si trova nei vicoli meno noti, per aiutare le persone che incontra. Ma nessuno sa chi è, nessuno conosce la sua storia e su di lei, esistono molte leggende. 
I personaggi sono descritti molto bene, da quelli realmente esistiti a quelli di fantasia, che grazie alla bravura dello scrittore, si intrecciano tra loro, creando una storia unica ed emozionante.
Consiglio questo libro a tutte/i coloro che non conoscono la storia vera di Nicholas Winton, un uomo che insieme a Doreen e Trevor, hanno salvato molti bambini. 
Consiglio questo libro anche a tutte/i coloro che desiderano una lettura emozionante, ricca di sentimenti dalla gioia alla rabbia, scritta in modo magistrale dallo scrittore. 
E voi conoscevate la storia di Nicholas Winton? 
Fatemelo sapere nei commenti!!
Buona lettura 📚📚!!

“Tutti conoscono tutti” di Francesca Mautino

Titolo: Tutti conoscono tutti 
Autore: Francesca Mautino 
Casa Editrice: Longanesi 
Collana: La Gaja Scienza 
Data uscita: 8 Aprile 2025 
Genere: Romanzo giallo 
Pagine: 368 

Ma non a Torino. No, signori. Sembra che stiamo tutti qui a girare a vuoto. Tutti che conoscono tutti che conoscono tutti. Siamo intrappolati, ecco cosa siamo, e nemmeno ce ne rendiamo conto. 

In “Qualcuno che conoscevo” (Longanesi, 2024), il romanzo d’esordio di Francesca Mautino, abbiamo conosciuto e ci siamo affezionati alla protagonista Valentina Bronti. 
Valentina Bronti ha trentasette anni, è torinese, podcaster e madre di tre bellissime gemelle: Anna, Carlotta ed Emilia. Il rapporto con suo marito, Marco Ferrentini, si è rivelato un vero fallimento e Valentina, deve cercare di stare bene per sé stessa e per le sue bambine. 
“Tutti conoscono tutti” è il secondo libro con protagonista Valentina Bronti, se non avete letto il primo capitolo “Qualcuno che non conoscevo”, non preoccupatevi, perchè la scrittrice Francesca Mautino, cerca di contestualizzare e riassumere gli avvenimenti precedenti. 

<<L’hai mai visto Titanic?>> 

Mi risponde con un’espressione di stupore, un po’ come se gli avessi domandato se ogni tanto gli capita di bere dell’acqua. 
<<Ecco. Pensa al finale> continuo. <<E’ notte. Jack e Rose sono naufragati nel gelido Oceano Atlantico. La nave è affondata, le scialuppe si sono allontanate. Intorno a loro galleggiano i cadaveri. Trovano un pezzo di legno. Era una porta? In ogni caso, lì sopra in due non ci stanno. Allora lui si sacrifica, morendo di ipotermia. 
Cosa ci insegna questa storia?
Jack passa tre ore di film a dire a Rose che deve mollare la sua vita fasulla, scoprire la gioia della spontaneità, essere davvero sé stessa. Lei prima rifiuta, ma poi capisce che lui ha ragione: deve liberarsi al più presto delle costruzioni di un’esistenza che ha sempre odiato, così manda a quel paese la madre bigotta e il fidanzato tossico. […]
Jack muore perchè ha esaurito la sua funzione. Rose ha capito cosa non vuole più essere e cosa vuole diventare. E a quel punto Jack non serve più.

Il titolo “Tutti conoscono tutti” non è casuale, perchè la storia si svolge a Torino, la città in cui tutti conoscono tutti. La protagonista Valentina Bronti, ha imparato a vivere nell’incertezza e, dopo il successo ottenuto con il suo podcast investigativo, deve trovare delle informazioni su una nota Contessa Alberta caselli, sparita nel nulla nel 1992. 
Valentina, sta cercando da mesi qualche informazione sulla sparizione della contessa, senza ottenere nessun risultato. Ad aiutare Valentina, c’è Giovanna, l’ex poliziotta che ha avuto una relazione con Marco, il marito di Valentina. Il rapporto tra Valentina e Giovanna è molto particolare, i loro dialoghi e comportamenti, nel corso della storia si alterneranno da quelli lavorativi a quelli personali, mettendo in evidenza, quanto sia importante aiutarsi e sostenersi tra donne, nonostante le incomprensioni. 
Ma Valentina, è una donna molto intelligente e aveva già capito da tempo, che il matrimonio con Marco, era in crisi prima ancora che Giovanna si inserisse nelle loro vite. 
Marco è un giornalista e aveva lavorato insieme a Giovanna, per scrivere un articolo su Gemma Ferrero, una ragazza ritrovata senza vita. Ma l’indagine su questa ragazza, porterà alla luce un “finto colpevole” ovvero Michele Andreoli, che non riuscendo a sopportare le calunnie mediatiche si ammazza. Da allora, Marco, vive con il senso di colpa e teme di commettere un altro errore. 

Io e Marco siamo stati separati per due anni perché lui stava affrontando un trauma che negava di dover affrontare: il senso di colpa per aver forse contribuito con i suoi articoli alla morte di un’innocente accusato di omicidio. In seguito ci siamo riavvicinati per poi decidere di lasciarci. In verità sono stata io a decidere e lui, che non ama le discussioni, ha semplicemente acconsentito, ammettendo anche di provare qualcosa per Giovanna. E io le ho chiesto di lavorare con me. Per avere la possibilità di punirla, come sostiene Antonio?
O forse ha ragione Nadia: in questa città è inevitabile imbattersi nelle stesse persone, come se fossimo tutte pedine dello stesso gioco in scatola condannate a incontrarsi per sempre tra una casella e l’altra. 
Allora tanto vale allearsi, avevo pensato. 

Valentina e Marco, insieme alle loro figlie, si dirigono alla festa di Capodanno, organizzata dalla mamma di Carla, soprannominata dalla protagonista “Principessa Leia”, per l’incapacità di ricordare tutti i nomi dei genitori dei compagni di scuola delle gemelle. 
E sarà, proprio durante la festa di Capodanno, che Valentina dovrà fare i conti con i ricordi dolorosi del suo passato. Alla festa di Capodanno incontra Cristiana Landorni, la sua ex compagna di stanza ai tempi dell’università. Valentina e Cristiana, non sono mai andate molto d’accordo… ma un giorno, Cristiana aveva lasciato la camera senza nemmeno pagare l’affitto. 
Cristiana era amica di Mattia, il ragazzo che nel Marzo del 2006, è stato ritrovato annegato in un lago artificiale, dopo essere andato a un concerto con i suoi amici. 
E’ così che Valentina, si ritrova a scavare in un passato fatto di insicurezze, inganni, giochi crudeli e amicizie tradite. 

Ognuno è convinto della propria personale verità, ma la luce, oltre il groviglio di vite, credo che sia raggiungibile. Non devo pensare complicato, ecco cosa devo fare. La soluzione forse è semplice e a portata di mano. 

Un giorno, Valentina incontra una vecchia conoscenza, ovvero Davide Callieri, il migliore amico di Mattia, adesso autore di una serie true crime chiamata “Misteri risolti”. 
Incontrare Davide, non sarà semplice per Valentina perchè dovrà fare i contri con le proprie scelte e le loro conseguenze. 
Valentina, grazie all’aiuto prezioso di Giovanna, cercherà di fare luce sulla strana morte di Mattia: è davvero annegato nel lago artificiale? O qualcuno lo ha spinto?
Riusciranno a scoprire che cosa è accaduto a Mattia, quella sera?

I nostri visi sono vicini. Ha gli occhi verdi e i suoi occhi sono la cosa che più mi ha colpito, quando ci siamo conosciuti. Erano come un mare mosso dal vento. Se non ti ci immergi non è pericoloso.
E adesso mi sembra che l’acqua stia ribollendo. 
Qualcosa si muove. 

La scrittrice Francesca Mautino, dopo il successo del primo volume “Qualcuno che conoscevo” (Longanesi, 2024), pubblica “Tutti conoscono tutti”, con le nuove avventure e indagini di Valentina Bronti. Il lettore si affezionerà facilmente a Valentina, una donna e madre che cerca sempre di scoprire la verità, anche su stessa. Molte lettrici si identificheranno in lei, perchè è una donna molto realistica, che mostra le sue paure, le sue fragilità, come il timore di essere una madre sbagliata. 
Ma Valentina, sfida la vita e le sue insicurezze, sempre con il sorriso e umorismo. 
I temi trattati sono il matrimonio, i tradimenti, la maternità, l’amicizia, il sostegno tra donne, il giornalismo, lo stupro, il senso di colpa e l’amore.

Quando ho scoperto di essere incinta ero felice, ma più passavano i mesi più la felicità scemava sostituita da qualcos’altro. Ammettere che non sei al massimo della gioia, quando aspetti un bambino è un tabù. Quando ne aspetti tre è ancora peggio, perchè tutti squittiscono frasi tipo <<Tre? Devi essere felice il triplo!>>, come se l’intensità di un sentimento fosse una formula matematica. 

Lo stile di scrittura è scorrevole, piacevole, avvincente, ricco di misteri e contemporaneamente divertente. 
I personaggi sono strutturati molto bene, grazie alle abilità della scrittrice di rendere ogni personaggio coinvolgente ed estremamente realistico, ad iniziare dalla protagonista Valentina. 
Consiglio questo libro a tutte/i coloro che desiderano perdersi tra le strade di Torino, a chi desidera indagare insieme alla protagonista, su una morte misteriosa avvenuta diciassette anni prima. 
E’ un romanzo che si legge tutto d’un fiato, grazie alla bravura della scrittrice di usare uno stile sempre empatico ed ironico. 
Spero di leggere presto il continuo perchè mi sono affezionata a Valentina e alle sue simpaticissime gemelle. 
E voi, avete letto il primo volume? 
Vi piacciono i libri gialli, ma con la giusta dose di ironia?
Fatemelo sapere nei commenti!!
Buona lettura 📚📚!!

“Miss Be & Il fantasma dell’ambasciata” di Alessia Gazzola

Titolo: Miss Be & Il fantasma dell’ambasciata 
Autore: Alessia Gazzola 
Casa Editrice: Longanesi Editore 
Collana: La Gaja Scienza 
Edizione: 3 
Data uscita: 18 Marzo 2025 
Pagine: 272 
Genere: Romanzo giallo 

<<C’è un fantasma che infesta l’ambasciata, lo sanno tutti!>>
<<E’ la prima volta che ne sento parlare! Che storia c’è dietro?>> incalzò quindi Beatrice, che aveva una certa inclinazione verso le storie gotiche (non a caso divorava i romanzi di Carolina Invernizio). 
<<Una storia tristissima, come tutte le storie di fantasmi>> rispose Emily, con aria cospiratoria. 
<<E’ il fantasma di Lady Mary Ingham. Era la figlia di un ricchissimo mercante di zucchero ed era arrivata da un’isola lontana per sposare un conte. Viveva lì, in quelle stesse stanze dove voi adesso lavorate.>>
A Beatrice venne da rispondere: <<Da me non si è mai fatta vedere!>> 
<<Il conte l’aveva fatta internare perchè lei diceva di vedere i fantasmi… Ma poi dovette riprenderla a casa perchè nel frattempo era rimasta incinta. Morì di parto in una notte da lupi, maledicendo il conte e tutta la sua stirpe da quel momento>> concluse la ragazza, abbassando la voce con tono teatrale, <<Lady Ingham infesta il palazzo, tetra e spaventosa come i fantasmi che l’avevano perseguita per tutta la vita.>>

Nel primo volume “Miss Be & Il cadavere in biblioteca”, abbiamo conosciuto la protagonista Beatrice Bernabò, una ragazza d’origini italiane, trasferita insieme alla sua famiglia a Londra, per il nuovo incarico del padre Leonida Bernabò, presso l’Università. 
Beatrice è una ragazza molto intelligente, che in ogni volume si ritrova a risolvere un caso d’omicidio o un furto, insieme all’ispettore capo di Scotland Yard, Archer Blackburn. 
Nel secondo volume “Miss Be & Il principe d’inverno”, la protagonista Beatrice Bernabò, si è ritrovata a trascorrere il Natale del 1924 ad Alconbury Hall, la residenza della famiglia dei Lennox. Il lettore, ha avuto modo di conoscere meglio alcuni personaggi, come Lady Millicent Carmichael, ma anche Julian e tanti altri. In particolare, in ogni volume, il lettore assiste a una vera evoluzione della protagonista, che la porterà a emanciparsi. 
Se non hai ancora letto i volumi precedenti di questa bellissima serie ambientata a Londra, tra il 1924 e il 1925, puoi recuperare qui le recensioni: 

– Recensione primo volume “Miss Be & Il cadavere in biblioteca” : https://deborahcarraro97.com/2024/12/20/miss-be-il-cadavere-in-biblioteca-di-alessia-gazzola

-Recensione secondo volume “Miss Be & Il principe d’inverno”: https://deborahcarraro97.com/2025/05/21/miss-be-il-principe-dinverno-di-alessia-gazzola/

La narrazione del terzo volume, si svolge dopo due mesi da “Miss Be & Il principe d’inverno”. 
Nel terzo volume “Miss Be & Il fantasma dell’ambasciata”, la protagonista Beatrice Bernabò è costretta, su insistenza del padre, a lavorare come segretaria all’ambasciata italiana. 
Dopo il suo soggiorno tormentato ad Alconbury Hall, Leonida Bernabò era stato chiaro: Beatrice non avrebbe più dovuto avere nessun rapporto ambiguo con l’undicesimo visconte di Wartmore, Julian Lennox. Beatrice, ormai, era consapevole che Julian avrebbe sposato Lady Octavia Charteris, ma non è sempre così facile reprimere il proprio cuore. 
Beatrice Bernabò, ogni mattina prende due omnibus per arrivare a Grosvenor Square, dove si trova l’ambasciata d’Italia in Gran Bretagna. In ambasciata, Beatrice svolge diverse mansioni: da quelle di segreteria ad organizzare eventi prestigiosi, come il ricevimento in onore di una delegazione proveniente da Firenze, la città natia dei Bernabò. 
Il padre Leonida Bernabò, aveva deciso di lasciare l’Italia insieme alle sue figlie, Clara, Beatrice e Lucilla, per allontanarsi dalla situazione politica, sempre più pericolosa a causa del fascismo. Per questo motivo, il signor Bernabò aveva accettato l’incarico come professore d’Italianista a Londra. 
A Londra, i Bernabò si erano integrati molto bene con il clima cittadino, soprattutto Beatrice che nel tempo libero si dedicava a creare dei bellissimi paralumi. 
Ed è proprio da Firenze, che arrivano due membri del comitato scientifico degli Uffizi, di nome Laurent Drago e Sara Ordovàs, una bravissima archeologa italiana. 
Oltre ai due membri del comitato scientifico, l’ambasciata è in fibrillazione per accogliere Edoardo Verduno Conti, il figlio dell’ambasciatore Gianandrea (nonché un carissimo amico di Leonida Bernabò) e la sua fidanzata Elisa Cavaciocchi, accompagnata dalla madre Amelia Cavaciocchi. 

A Beatrice sembrò una precisazione intimidatoria, il che contrastava con il viso dai tratti ancora infantili che caratterizzava Edoardo. Era stato un ragazzo avvenente ma lei dubitava che potesse mantenersi tale, perchè sarebbe stato un uomo con il volto da bambino. 
<<Elisa disegna da quando era piccola>> lo rintuzzò Amelia. 
<<Non erano disegni poi così belli>> disse infine la signorina Cavaciocchi, sbrigativa. 
<<Possiamo ammetterlo>> soggiunse Edoardo, ridendo come se avesse appena fatto una battuta di spirito, ma con lui rise solo Margherita. 
<<E’ un sollievo che tu abbia smesso, tesoro.>> 
Per un attimo, Beatrice si mise nei panni di Elisa e la compianse: a lei, non sarebbe piaciuto sentire gli altri parlare in quei termini di qualcosa che la appassionava. Come dei suoi paralumi, per esempio. Doveva essere deprimente venir sminuita da un fidanzato che metteva bocca nei suoi affari privati. Non la invidiava affatto, e anzi, abbe ancora più a cuore la propria libertà.

Beatrice e le sue sorelle, non hanno mai avuto modo di trascorrere molto tempo con Edoardo, nonostante la forte amicizia tra le due famiglie, perchè l’ambasciatore Gianandrea e sua moglie Margherita, temevano che potesse sorgere un sentimento più forte, rispetto a una semplice amicizia. 
Beatrice era molto brava a svolgere i suoi compiti in ambasciata, grazie al suo carattere espansivo e solare andava d’accordo con tutto il personale, ad eccezione del consigliere di delegazione Ettore Amerighi. Ettore Amerighi è un uomo che ha un carattere molto scontroso e difficile, soprattutto con Beatrice. 
Un giorno, mentre Beatrice si stava recando in ambasciata, aveva incontrato sull’omnibus Emily Jenkis, una cameriera dell’ambasciata che le aveva raccontato la storia del fantasma dell’ambasciata. 
Secondo la storia, in ambasciata, vi era il fantasma di Lady Mary Ingham, che poco prima di morire di parto, aveva lanciato una maledizione a suo marito, il conte e alla sua stirpe. 
Ma Beatrice, non ha mai creduto ai fantasmi… ma all’improvviso in ambasciata, si verificano degli strani avvenimenti. 
Rumori improvvisi, presenze inquietanti, sussurri nel buio, urla e biancheria intima sporca di sangue… questi sono alcuni dei fenomeni strani e spaventosi che si verificano di giorno e di notte nelle mura dell’ambasciata. 
Che ci sia, veramente un fantasma in ambasciata? 
Ma come è possibile? 

Tuttavia, la situazione in ambasciata peggiora, perchè qualcuno ha inserito una bomba. E’ così che entra in scena, l’amatissimo Ispettore Archer Blackburn, che rincontrerà la vecchia e intrigante conoscenza di Miss Bernabò. 
Ma esiste davvero il fantasma dell’ambasciata? 
O è all’opera qualche forza di natura ben più concreta e minacciosa? 
Contrariamente a quanto avrebbe auspicato Leonida Bernabò, sarà proprio sua figlia Beatrice a risolvere questa complicata situazione. 
E chissà, se Beatrice riuscirà a scoprire la verità e a fare pace con il proprio cuore? 

La libertà è la cosa più preziosa che possiedo. 
Non la sacrificherò mai. 

La scrittrice Alessia Gazzola, autrice di numerosi libri di successo da cui sono tratte le serie televisive dell’Allieva e di Costanza Macallè, torna in libreria con una nuova brillante protagonista femminile, di nome Beatrice Bernabò. 
“Miss Be & Il fantasma dell’ambasciata” è il terzo volume di questa bellissima serie, ambientata a Londra tra il 1924/1925. 
I temi trattati sono il fascismo, l’emancipazione femminile, la libertà, i pregiudizi, i fantasmi, l’amicizia, il ruolo delle donne nella società, l’arte, le passioni, i pregiudizi e l’amore. 
Lo stile di scrittura è scorrevole, piacevole, divertente, emozionante e pieno di suspence, il lettore cercherà di capire insieme alla protagonista e ai personaggi coinvolti, se veramente l’ambasciata è infestata dagli spettri. 
I protagonisti sono strutturati molto bene, grazie alle ampie descrizioni fisiche e psicologiche, inserite dalla scrittrice. In questo terzo volume, il lettore ha modo di conoscere dei nuovi personaggi da Edoardo Verduno Conti e la sua fidanzata Elisa Cavaciocchi a Federico Scandiani, giunto a Londra, ospite dai Bernabò per perfezionare gli studi in medicina.
In questo volume, mi sono affezionata particolarmente a Clara, la sorella maggiore di Beatrice e Lucilla. Clara è sempre stata la sorella “perfetta”, colei che non ha mai commesso un errore, ma in questo terzo volume, mostrerà al lettore le proprie fragilità e i propri sentimenti. 
Consiglio questo libro a tutte/i coloro che desiderano leggere un libro ricco di colpi di scena, perfetto per chi adora Jane Austen e Agatha Christie perchè la scrittrice Alessia Gazzola, grazie alla sua maestria, riesce a intrecciare due generi: il rosa e il giallo. 
L’ambasciatore italiano a Londra è lieto di invitarvi al suo ricevimento d’onore… per l’occasione vestitevi elegantemente e godetevi gli intrighi amorosi, misteriosi intrecci nobiliari… ma state attenti al fantasma!! 
E vi ricordo, che il 18 Novembre uscirà il quarto volume di Miss Be, ovvero “Miss Be & Il giardino avvelenato”. Chissà, quali saranno le nuove avventure di Miss Be? 
Non ci resta che attendere il 18 Novembre per scoprirle!!
Buona lettura 📚📚!!

“Miss Be & Il Principe d’inverno” di Alessia Gazzola

Titolo: Miss Be & Il Principe d’inverno
Autore: Alessia Gazzola 
Casa Editrice: Longanesi Editore 
Collana: La Gaja Scienza 
Edizione: 2 
Data uscita: 14 Gennaio 2025 
Pagine: 256 
Genere: Romanzo giallo 

Ma poi lo vide sfilarsi i guanti, prima l’uno, poi l’altro, e lasciarli cadere dove capitava. Le strinse la nuca e con il pollice le sfiorò la guancia, con un tocco dolce come era inimmaginabile che lui potesse essere e come se lei non avesse nessuna cicatrice. 
<<Non dirmi che non la vedi.>>
<<Non più. Io vedo te.>>
<<Lo dici per pietà.>>
<<Pietà?>> ripetè lui sorridendo. 
Beatrice, che per un attimo lo aveva ritrovato, non era disposta a perderlo. <<Dimostramelo.>>

Nel primo volume “Miss Be & Il cadavere in biblioteca”, abbiamo conosciuto la protagonista Beatrice Bernabò, una ragazza d’origini italiane, trasferita a Londra per il nuovo incarico del padre, Leonida Bernabò presso l’Università. 
Ci siamo affezionati alla protagonista Beatrice, alla sua intelligenza e alla sua arguzia, con cui cerca di risolvere i gialli di cui si ritrova sempre in mezzo. 
Preparatevi a tornare nel mondo patinato dell’aristocrazia britannica, con nuovi misteri da risolvere e triangoli amorosi passionali e intriganti!!

Se non hai ancora letto la recensione del primo volume “Miss Be & Il cadavere in biblioteca”, puoi recuperarla qui: https://deborahcarraro97.com/2024/12/20/miss-be-il-cadavere-in-biblioteca-di-alessia-gazzola/

Il secondo episodio delle avventure di Beatrice Bernabò “Miss Be & Il principe d’inverno”, è ambientato nel dicembre del 1924, nel Derbyshire. Beatrice si ritrova a passare il Natale ad Alconbury Hall, insieme alla sorella minore di nove anni Lucilla.
Alconbury Hall è un luogo magico, è la residenza di campagna della nobile famiglia dei Lennox. 
Come mai Beatrice, si trova ad Alconbury Hall?
Lord Julian Lennox, l’undicesimo visconte dei Warthmore, aveva suggerito alla zia Lady Millicent Carmichael, di assumere Beatrice Bernabò, come sua assistente personale. La zia di Julian è una donna molto altolocata, stravagante che per combattere il freddo, alle quattro del pomeriggio beve lo sherry Flip, un cocktail segreto composto “da una base di sherry, sciroppo di zucchero e uovo con una spolverata di noce moscata.” 
La zia ha un legame molto stretto con suo nipote Julian e, decide di accettare il suo suggerimento e assume Miss Bernabò. 
Beatrice, si ritrova a trascrivere le memorie scandalose di Lady Millicent Carmichael, che si era messa in testa di pubblicare le sue memorie in forma anonima “per far passare un brutto quarto d’ora a qualcuno”. 
A Beatrice piaceva trascrivere gli aneddoti di Lady Millicent, che trovava divertenti e sconcertanti allo stesso tempo. 

Lady Millicent Carmichael, che l’aveva assunta in qualità di segretaria personale, sembrava del tutto immune alla colata di gioviale melassa che accompagnava l’atmosfera natalizia. Mostrava tenerezza solo nei confronti di Fanny, una scimmietta brutta come la fame che suo nipote Julian le aveva portato dall’India sei mesi prima. Lady Carmichael aveva chiaramente un debole per lui. 
All’atto pratico Beatrice era incaricata di trascrivere le sue memorie, che la nobildonna intendeva pubblicare in forma anonima […] e che Beatrice trovava sconcertanti ma anche vagamente divertenti, perchè Milady le narrava con una certa incurante perfidia. 

E poi, Beatrice, quando non doveva svolgere il suo lavoro, si godeva l’atmosfera natalizia di Alconbury Hall, con i cammini accesi e scoppiettanti, oltre a partecipare alle cene eleganti che si tenevano nel palazzo. 
E’ così che Beatrice, conoscerà Alexander Aliankov, principe russo esule dopo la Rivoluzione d’Inverno, nonché cugino di Julian. Il principe Alexander è un uomo molto affascinante, ma ha sempre un atteggiamento triste e cupo, proprio come un principe d’inverno. 
Oltre al principe Alexander, Beatrice conoscerà tante altre persone importanti, come Neville Harclay, generale dell’esercito di Sua Maestà in congedo, che desidera sposare Lady Octavia Charteris, la figlia minore del conte di Durrington. 

Da quando, appena arrivato, Neville le aveva annunciato le sue intenzioni con la figlia del conte di Durrington, lei non faceva che tormentarsi cercando soluzioni per impedire quel matrimonio senza però doversi intromettere in prima persona. Ecco, la soluzione era davanti a lei incarnata da suo nipote. 
Julian era morbosamente legato a Octavia: bastava lasciar fare a lui il lavoro e presto lei per prima ne avrebbe goduto i frutti. Peraltro Alconbury aveva bisogno dei soldi di Octavia, quindi insomma, tutto le sembrava lineare, ma con un’unica incognita: Miss Bernabò. 
E se Julian avesse mollato la presa su Octavia proprio perché aveva un debole per la ragazza? 
Raccomandargliela per pura carità non era da lui. 
Julian aveva sempre un secondo fine, era così anche da bambino. 

Nel primo volume, abbiamo imparato a conoscere Lady Octavia, fidanzata con Alastair, il fratello maggiore di Julian. Julian e Lady Octavia hanno un bellissimo rapporto d’amicizia, e il visconte, è disposto a qualsiasi cosa, pur di salvarla, anche a rinnegare i sentimenti che prova per Miss Bernabò. 
Ancora una volta, Beatrice si ritroverà a dover ascoltare il suo cuore, che sembra provare qualcosa per Julian. Mentre Beatrice cerca di capire i suoi sentimenti per il visconte, avverte delle strane tensioni ad Alconbury Hall, tensioni che aumenteranno giorno dopo giorno. 
La zia Millicent non trova più il suo prezioso anello… ma chi può averlo rubato? 

<<Non c’è nessun ladro. E’ l’isteria di mia zia.>> 
<<Però l’anello non si trova più, e questo è un fatto.>>
<<Non era successo anche a voi, con la vostra spilla? L’avete cercata per giorni e poi è riapparsa per miracolo, no? […] >>
<<Ma io alla scomparsa della mia spilla avevo dato un significato simbolico. Glielo do ancora, per questo la porto sempre.>> […]
<<Non è Kit che tengo vicino a me>> confessò infine Beatrice, con la voce tremante, decidendo di riprovare a parlargli a cuore aperto. Fino a poco tempo prima, funzionava. 
<<E’ il dispiacere che mi ha dato. Per non dimenticarmene mai. Per non cascarci di nuovo, con nessuno. Questo è il significato. >>
Julian la scrutò intensamente, ma era impossibile leggergli dentro. 
<<Bee, io non… io non lo renderò necessario>> sussurrò chinandosi appena su di lei, e quel sussurro per un attimo la fece vibrare. 

E’ così che rientra in scena, l’ispettore di Scotland Yard, Archer Blackburn, che cercherà di scoprire chi ha rubato l’anello della zia Millicent. 
Ma il furto dell’anello è soltanto l’inizio, la protagonista Beatrice Bernabò, ancora una volta dovrà cercare di risolvere un mistero, un mistero che ruota intorno ad Alconbury Hall. 
Riusciranno Beatrice e l’Ispettore Archer, a scoprire chi ha rubato l’anello? 
Che cosa accadrà tra Beatrice e Julian?

Baciarlo era sbagliato ma era anche l’unica cosa al mondo che sentiva di volere e, quando in effetti lui si chinò per sfiorarle le labbra, stabilì che non voleva altro. 
Mentre lei gli affondava una mano tra i capelli, che erano soffici e puliti, lui prese a baciarle il collo, con tanto impeto che la lasciò arrossata. […]

La scrittrice Alessia Gazzola dopo l’incredibile successo del primo volume “Miss Be & Il cadavere in biblioteca”, torna in libreria con le nuove avventure di Beatrice Bernabò in “Miss Be & Il principe d’inverno”. Il lettore si ritroverà a vivere l’atmosfera natalizia e il freddo pungente della campagna inglese, nella bellissima residenza dei Lennox. E tra furti, tra battute di caccia alla volpe e sparizioni misteriose, il lettore cercherà di risolvere il mistero insieme alla protagonista. 
I temi trattati sono le atmosfere British, il fascismo, l’aristocrazia britannica, la gravidanza, le cicatrici, il rapporto tra sorelle, la società, l’amicizia, le ambizioni, il rapporto tra genitori, la libertà, il ruolo delle donne nella società e l’amore. 

E soprattutto, stava fissando la cicatrice sulla guancia che Beatrice aveva da quando era bambina, il rattoppo di un chirurgo che aveva bisogno di fare ancora un po’ di pratica. Era finita contro lo stipite di una porta mentre lei e sua sorella Clara giocavano a inseguirsi per tutta la casa e quella cicatrice era il suo punto debole. […]
Beatrice le fece un cenno di saluto, benché si amareggiasse sempre contro chi fissava la cicatrice, perchè lo trovava un gesto privo di tatto che senza motivo, e per pura indifferente crudeltà, la spogliava di uno strato di sicurezza interiore. Lei non aveva modo di coprire, doveva esibirla al mondo, contando sull’aver imparato a conviverci ma un po’ di discrezione altrui era gradita.

Lo stile di scrittura è scorrevole, piacevole, magistrale, divertente ed emozionante, ricco di descrizioni sui personaggi e ambientazioni storiche descritte nei attentamente. 
I personaggi sono strutturati bene, grazie alla bravura inconfondibile della scrittrice Alessia Gazzola, che dona al lettore ogni volta, una nuova protagonista brillante, un po’ fuori dagli schemi, di cui è impossibile non affezionarsi. 
Consiglio questo libro a tutte/i coloro che vogliono immergersi in un giallo originale, diverso dal solito, ambientato nella suggestiva cornice inglese del 1924 ad Alconbury Hall, con un nuovo mistero, un nuovo giallo da risolvere insieme alla protagonista Beatrice Bernabò. 
Consiglio questo libro anche a tutte/i coloro che desiderano una lettura frizzante, spensierata, incantevole e romantica. 
Buona lettura 📚📚!!

“Le furie di Venezia” di Fabiano Massimi

Titolo: Le furie di Venezia 
Autore: Fabiano Massimi 
Casa Editrice: Longanesi Editore 
Collana: La Gaja Scienza 
Edizione: 2 
Data uscita: 20 Agosto 2024 
Pagine: 400 
Genere: Romanzo giallo storico 

Venezia, 1934 
Una donna che potrebbe rovesciare le sorti di Mussolini. 
Un figlio da trovare e salvare. 
Un azzardo disperato per cambiare il corso della storia.

<<Verso quell’isola>> rispose Mutti, e virò a sua volta, sempre tenendosi a debita distanza. Quando vide il motoscafo rallentare puntando verso un alto edificio proteso sul bordo di un’isola, anche lui tolse gas al barchino. 
<<C’è un molo>> disse Sauer, che tra i due aveva la vista migliore. 
<<Lo vedo>> mentì Mutti. <<Mi fermo qui>> aggiunse, dato che Mussolini attaccava proprio a quel molo. <<C’è qualcuno o sbaglio?>> 
Un uomo vestito di bianco da capo a piedi, con indosso una sorta di mantello che svolazzava alla brezza lagunare, stava in effetti attendendo il Duce su un pontile, le gambe larghe, le braccia conserte. In testa non aveva un capello, e qualcosa gli brillava al centro del petto. 
Il motoscafo spense il motore. L’uomo in bianco si allungò a raccogliere la cima e la legò all’ormeggio. Poi la stessa figura che avevano visto uscire da Palazzo Bembo sbucò dallo sportello, strinse una mano al suo esiguo comitato di benvenuto. Poche parole e i due si incamminarono rapidi verso un portale in pietra, sparendo alla vista. 
<<Ma dove siamo?>> chiese Mutti, guardando l’isola scura con una strana ammirazione. 
<<Non lo so>> disse Sauer. <<Ma lo scopriremo.>>

“Le furie di Venezia” è una storia romanzata, di fatti storici realmente accaduti durante la Seconda Guerra Mondiale, che mettono in evidenza la figura di Mussolini e il suo torbido passato. 
La narrazione si suddivide in due parti: la prima, ambientata a Venezia nel 1934 e, la seconda parte, ambientata a Milano nel 1942. 
Nella prima parte del libro, il lettore si ritroverà in Piazza San Marco per assistere al primo incontro pubblico tra Mussolini e Hitler. Piazza San Marco è piena di camicie nere, pronte ad accogliere il Duce e Hitler… Tra la folla, c’è anche l’ex soldato della Somme, l’ex commissario di polizia di Monaco, Siegfried Sauer e il suo compare Mutti, che hanno raggiunto la città di Venezia per unirsi alla resistenza antifascista. 
Siegfried Sauer è un uomo intelligente, che sul punto di morte della sua amata, le aveva fatto una promessa. Ora, Sauer è a Venezia per rispettare proprio quella promessa e, per sventare il pericolo di un’alleanza tra Italia e Germania che provocherebbe una guerra devastante. 
Sauer e i suoi compari, avevano architettato un piano per colpire Mussolini e Hitler in Piazza San Marco, servendosi delle abilità da cecchino di Sandor Baraly, amico di Sauer dai tempi della guerra. 
Ma il loro piano non può essere eseguito perchè Mussolini, da uomo astuto, si era affacciato alla folla da solo, lasciando Hitler dalla parte opposta, in un palchetto da solo. 
Ma proprio la notte di Venerdì 15 Giugno 1934, Sauer e Mutti vedono Mussolini che si dirige in gran segreto su un motoscafo nella laguna. 
Sauer e Mutti decidono di seguirlo e vedono il Duce, attraccare a un pontile buio… Mussolini viene accolto da un uomo in camice bianco, ed insieme entrano in un edificio che costeggia l’intera isola. 
Perchè il Duce si è diretto su quest’isola? 
Chi è l’uomo con il camice bianco? 
Quale è il mistero che si cela dietro quell’edificio? 

<<San Clemente. Deve essere l’isola di San Clemente.>>
<<E cosa ospita?>> […]
<<Da più di un secolo l’hanno trasformata in un manicomio.>>
<<Un manicomio.>> ripetè Mutti. 
Livio annuì. <<Un manicomio femminile.>>

Sauer e Mutti decidono di indagare e scoprono che si tratta dell’isola di San Clemente, un tempo un monastero e oggi, trasformata in un manicomio femminile.
Ed è proprio nel manicomio di San Clemente, che è rinchiusa una paziente misteriosa di nome Ida Dalser. Ida Dalser aveva conosciuto Mussolini quando era direttore del suo giornale “L’Avanti!”, prima che diventasse per gli italiani “il Duce”. Mussolini, che ai tempi non aveva nessuna notorietà e prestigio, aveva sposato Ida Dalser. 
Adesso, Ida Dalser si ritrova nel manicomio di San Clemente a rivelare ai dottori la sua storia: la storia dell’amore tra lei e Mussolini, ma anche la storia dell’erede illegittimo, Benito Albino Dalser. 
Chi è veramente Ida Dalser? 
E’ veramente, la prima e unica legittima moglie di Mussolini, come raccontava lei? 

<<E quando avete scoperto la parentela tra Bernardi e…>>
<< …e Mussolini? Ah, giusto il tempo di aprire bocca e ci informò lui stesso. Lo diceva a tutti, conoscenti o sconosciuti, amici o nemici. Era il suo argomento preferito. Il figlio del Duce! L’erede defraudato! Intratteneva le tavolare con la sua vita sventurata, il collegio infernale, il tutore malvagio…>>
Sauer si stupì della notizia. <<Vuole dire che andava in giro a raccontarlo?>> 
<<Sì, sì. Raccontava tutto. Sua madre era stata la prima moglie di Mussolini. Lui era nato prima del primogenito ufficiale. Avevano messo lei in manicomio e rapito lui. Bernardi il cognome, gli veniva da un tirapiedi del gran capo. Se l’era preso in casa da bambino e l’aveva avviato alla carriera militare per toglierlo di torno.>>

E’ così che la narrazione si sposta a Milano nel 1942, nel Manicomio di Mombello. Il lettore conoscerà la “nuova” voce narrante, un uomo di nome Fausto Armeni, che ha dovuto far rinchiudere sua moglie nel Manicomio di Mombello. 
Ma è proprio grazie a Fausto Armeni, che Sauer e Mutti scopriranno che al Manicomio di Mombello, risiede un paziente speciale, l’erede illegittimo del Duce: Benito Albino Dalser. 
Riusciranno ad entrare in contatto con Albino? 
Che cosa scopriranno Sauer e Mutti? 

Eppure è accaduto.
Eppure è accaduto.
Ecco allora le mie ultime parole .
Tutto questo è successo davvero.
Non lasciate che succeda di nuovo.
Non lasciate che sia dimenticato.

Lo scrittore Fabiano Massimi, dopo il successo ottenuto con “L’angelo di Monaco” (Longanesi, 2020), “I demoni di Berlino” (Longanesi, 2021) e “Se esiste un perdono” (Longanesi, 2023), pubblica “Le furie di Venezia” concentrandosi sulla figura poco conosciuta di Ida Dalser, la prima moglie di Benito Mussolini. 
Mussolini ai tempi, ha cercato con ogni mezzo di nascondere la verità, facendo rinchiudere Ida Dalser e, allontanando, nascondendo suo figlio, dato che si era risposato con una donna di nome Rachele, che le aveva dato un erede. Mussolini non poteva permettere di compromettere la sua immagine pubblica agli occhi degli italiani, ovvero un uomo bugiardo, egoista e cattivo, che si era risposato, ripudiando Ida Dalser e suo figlio. 
I temi trattati sono il fascismo, il nazismo, la propaganda del Regime fascista, l’alleanza tra Italia-Germania, il manicomio e le terribili condizioni, “terapie” utilizzate, gli interessi personali, la verità, i figli e l’amore. 
Lo stile di scrittura è scorrevole, piacevole, coinvolgente, emozionante e pieno di segreti, misteri da risolvere, insieme ai protagonisti. 
Il lettore si ritroverà immerso nella storia, grazie a una narrazione coinvolgente e piena di suspence, di misteri su questioni poco conosciute, che spingerà il lettore a domandarsi: davvero, Mussolini aveva sposato Ida Dalser? Davvero, Albino era suo figlio? 
I personaggi sono strutturati bene, grazie alla bravura dello scrittore Fabiano Massimi di descrivere i personaggi sia dal punto di vista fisico, sia psicologico. 
Consiglio questo libro a tutte/i coloro che desiderano leggere non il solito romanzo ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale, vi ritroverete intrappolati nella storia ambientata tra Venezia e Milano, alla scoperta di Ida Dalser e del passato oscuro di Mussolini. Consiglio questo libro anche a tutte/i coloro che desiderano leggere un libro originale, coinvolgente che racconta episodi storici realmente accaduti e poco noti, durante il periodo del fascismo. 
E voi conoscevate la storia di Ida Dalser? 
Avete letto i libri precedenti di Fabiano Massimi? 
Fatemelo sapere nei commenti, 
Buona lettura 📚📚!!