“Aspettami al Caffè Napoli” di Chiara Gily

Titolo: Aspettami al Caffè Napoli
Autore: Chiara Gily 
Casa Editrice: Mondadori 
Collana: Omnibus 
Data uscita: 18 Marzo 2025 
Pagine: 252 
Genere: Romanzo contemporaneo 

Arrivo in via dei Mille alle dieci spaccate. Sono venuta a piedi nonostante il caldo, costeggiando i palazzi del centro alla ricerca di un po’ d’ombra. 
Stamattina papà mi ha proposto di fare colazione da lui, in negozio. Nel quartiere il suo caffè è una specie d’istituzione ed è da sempre l’elemento caratteristico della sua bottega. Per questo l’hanno ribattezzata Caffè Napoli. 
Ogni mattina, subito dopo aver aperto, invece di mettere in ordine le vetrine o sistemare la cassa, papà accende il fornello a gas che ha allestito nel retro, e offre una tazzina a chiunque entri, anche se non compra nulla. Lo prepara con la cuccuma e ha un sapore inconfondibile, intenso e morbido, il cui profumo ti entra nelle narici e ti accompagna fino a quando nella tazzina non resta neppure una goccia. 

La protagonista del libro è Lidia Gambardella, vive a Trieste da anni insieme al suo compagno Pietro e lavora come insegnante. Lidia, si era trasferita a Trieste da Napoli molti anni fa, una città che ha sempre amato per la sua allegria e metodicità, ma lei aveva bisogno di rompere ogni schema del passato, lontano dai suoi genitori per trovare la sua strada. 
A Trieste, Lidia, dopo la laurea, ha iniziato a svolgere il lavoro d’insegnante con passione, cercando di trasmettere ai suoi alunni l’entusiasmo della sua materia, trascorrendo ogni sera a cercare dei nuovi libri da poter inserire nella biblioteca scolastica. Ma dopo anni, Lidia non riesce più a provare passione, entusiasmo per il lavoro d’insegnante, e proprio come i suoi alunni, attende il suono della campanella per essere libera e tornare a casa. 

Poteva dipingerle il cielo, ma lei trovava sempre qualcosa da dire. Negli ultimi tempi, invece, neanche quello. Si limitava a fare spallucce. 
Non che siano mai andati d’amore e d’accordo, credo di non essere mai stata testimone di slanci passionali, ma, chissà perchè, ho sempre pensato che con il mio trasferimento a Trieste si sarebbero riavvicinati. Forse inconsciamente ho scelto di andarmene così lontano proprio per questo. Perché in una casa senza amore si muore un poco alla volta. 
Ho voluto iniziare daccapo, volevo una pagina bianca da riempire a modo mio, dove parole come astio, disistima e rassegnazione fossero vietate. 
Solo di una cosa non potevo privarmi: del mare. E’ sempre stata la mia medicina, mi basta sentire il suo odore e guardare le onde che si infrangono sulla battigia che il magone si attenua. Il mare è capace di cancellare la malinconia come fa con le scritte sulla sabbia. Il motivo per cui ho scelto Trieste è stato questo, perchè davanti al mare le città si assomigliano un po’ tutte. 
Volevo allontanarmi dal dolore, ma non da Napoli. 
E io, questa cosa, non l’ho mai detta a nessuno. 

Ma adesso, Lidia sta tornando nella sua città a Napoli, in occasione del terzo matrimonio di sua cugina con Gregorio. Alice, soprannominata da tutti “Cece”, ha scelto Lidia come damigella d’onore, regalandole un bellissimo vestito eseguito dal sarto Gennaro, conosciuto in tutta Napoli. 
Lidia non ha scuse per evitare le nozze e il suo fidanzato Pietro, (come sempre) non riuscirà ad accompagnarla a Napoli, dato che dovrà partecipare all’ennesimo convegno di lavoro. 
Per Lidia, tornare a Napoli sarà l’occasione per fare chiarezza sui suoi sentimenti, passioni, ma anche per ritrovare alcune amicizie d’infanzia. 
Appena arriva a Napoli, Lidia rimane colpita dalla maestosità della stazione di Napoli Centrale, che non ricordava così bella, e osserva attentamente tutte le persone che la circondano. 
Ad attenderla in stazione, c’è sua cugina Alice che l’accoglie calorosamente con un bel vassoio di frolle. Lidia è molto diversa da Alice, Alice riesce sempre a ottenere ciò che vuole da quando era piccola, ha sempre trovato con facilità degli uomini perfetti, anche grazie al suo bellissimo fisico slanciato. 
Lidia invece, ha qualche chilo di troppo e si sente inadeguata, se paragonata alla perfezione di Alice. 
Ma tra Lidia e Alice, c’è un bellissimo rapporto sin dall’infanzia, tanto che i famigliari le hanno sempre soprannominate “‘e sore cugine”.

Poche persone sono sorprendenti come mia cugina. Un giorno sembra una ragazzina viziata e capricciosa, un altro una donna capace di smuovere il mondo per ottenere quello che vuole. 
Ancora non ci posso credere che abbia piantato il povero Gregorio da solo in viaggio di nozze per starmi vicino. Mi chiedo se una sorella lo avrebbe fatto.
Forse, quando fin da piccole ci hanno chiamato ‘e sore cugine (le cugine-sorelle) intendevano proprio questo: un rapporto più forte della sorellanza. 

Il rapporto tra Lidia e Alice è uno dei temi nevralgici di questo libro, la scrittrice cerca di trasmettere al lettore l’importanza dei legami familiari. 
Oltre ad Alice, Lidia a Napoli avrà modo di rivedere il padre Felice, con cui ha un bellissimo rapporto, addirittura “morboso”, secondo il suo fidanzato Pietro. 
Il padre Felice è una persona molto buona, intelligente e ottimista, proprietario di una bottega in via Carovita, situata nel cuore della città. 
La bottega Caravita, conosciuta da tutti come “Caffè Napoli”, è una vera istituzione nel borgo, un luogo caratteristico, dove è possibile sorseggiare un buon caffè preparato dal signor Felice con la sua cuccuma per 12 tazzine, senza dover obbligatoriamente acquistare qualcosa. 
Il Caffè Napoli è una bottega di rigattiere originale, in cui è possibile trovare vecchi oggetti come pellicce, vestiti antichi, mobili, ma anche quadri meravigliosi, realizzati dal signor Felice. 
Il signor Felice, non ha potuto studiare perchè la propria madre Lidia, aveva deciso la sorte di tutti i suoi figli, a lui era toccato lavorare come garzone nella bottega Caravita, per poter guadagnare i soldi necessari per l’università di suo fratello Gianni. 
Felice ha imparato a poco a poco il mestiere, rifugiandosi in quelle quattro mura, perfette per dipingere i suoi quadri. L’arte per Felice, era la sua passione, il suo modo di vedere il mondo. 

Caffè Napoli, del resto, è famoso in tutto il quartiere, anche se nessuno lo conosce con il suo vero nome. Da fuori può sembrare un anonimo robivecchi con le pareti scrostate, qualche mobile esposto sul marciapiede e l’insegna BOTTEGA CARAVITA ormai illeggibile. All’interno però l’atmosfera è speciale, sembra di essere in quei caffè di una volta, dove darsi appuntamento fra quadri e oggetti antichi per chiacchierare senza fretta, sorseggiando una bella tazzina fumante. Anni fa durante uno dei suoi giri per approvvigionare il negozio, in una casa da sgomberare, papà si era innamorato di una vecchia cuccuma di rame da dodici tazze. 
La figlia della defunta, vedendolo così entusiasta per quell’oggetto che sicuramente lei non avrebbe mai utilizzato gliel’aveva regalata. 
Mamma, appena l’aveva vista, aveva sentenziato: “‘Feli’ siamo già pieni, è roba inutile, e qui non la voglio”, e così lui se l’era portata in bottega. 
Tutto il negozio si era impregnato dell’aroma di caffè, che papà amava triturare da solo con un macinino, bottino di qualche altro suo girovagare.
Altro che “caffè sospeso”, al Caffè Napoli ce n’era sempre uno per tutti. Era vietato entrare di cattivo umore o trafelati, papà faceva calmare chiunque con un sorriso e la sua famosa tazzulella. Il simbolo di quella lentezza era proprio quella caffettiera, ‘a cuccumella ‘e Felice, come ormai veniva soprannominata. 

A Lidia era mancato molto il proprio padre, ed è grazie ad Alice se è ritornata un fine settimana nella sua terra. Il giorno del matrimonio di Alice e Gregorio si avvicina e Lidia sarà una bellissima damigella d’onore, grazie a sua cugina.
Ma dopo il matrimonio, accade un episodio che sconvolgerà la vita di Lidia e dei suoi familiari…
Durante il pranzo del matrimonio, all’improvviso Felice si sente male e dopo il tempestivo aiuto di Gregorio, che è un medico è stato portato d’urgenza in ospedale. 
Lidia sente un vuoto dentro di lei, si sente in colpa per non aver trascorso più tempo con il proprio padre, da quando era tornata a Napoli. 
Non sarà facile per Lidia, affrontare la perdita del proprio padre, l’unica persona che la supportava e amava veramente. Ma è con il dolore, che Lidia ritrova il legame con sua cugina Alice e una “vecchia” amicizia d’infanzia, Francesco. Francesco, adesso è diventato un brillante avvocato, ma quando lui e Lidia erano piccoli, si divertivano a essere una coppia con molti figli. 
Il destino a volte è beffardo e ha in serbo per noi una strada, talvolta faticosa e in salita, ma con una vista meravigliosa. Ed è quello che accade a Lidia, che per caso, incontra Mila, una giovane fotografa che deve ritirare un quadro dipinto da Felice, commissionato da sua madre Adriana per l’anniversario di matrimonio. 
Quel quadro, rappresenta una marina e ha un cielo spettacolare, pieno di sfumature tra il blu e il viola, lo stesso cielo che non convinceva il signor Felice. 

Mi avvolgo nei colori di tutti quei dipinti ed è come se sentissi la carezza di papà. Il mio sguardo si posa infine su un quadro messo su un cavalletto. La sfumatura del cielo è incredibile, tra l’indaco e il blu. Ed è una marina. Mi viene un nodo alla gola fortissimo, sono sicura che è il dipinto di cui non era convinto e che voleva farmi vedere prima di venderlo. Papà era così, rinunciava anche ai soldi se una sua opera non gli piaceva. 
Stavolta, però, faceva male a dubitare di se stesso: è uno dei quadri più belli che abbia mai realizzato.
Ed è pronto per far felice altre persone. Sapere che mio padre continuerà a vivere attraverso la sua arte, nelle case delle persone, mi dà sollievo. 

Accettando i soldi di Mila, Lidia ha accettato automaticamente l’eredità del padre con l’ipoteca del negozio e un grosso debito da estinguere. Lidia è disperata, non sa come risolvere la situazione, ma una sera per caso, prende una decisione:  Caffè Napoli ha bisogno di continuare a vivere. 
E’ così che Lidia, insieme a sua cugina Alice e Mila, trasformano Caffè Napoli, e per fare soldi organizzano una mostra fotografica, vendono vestiti online sul loro sito. 
Lidia è fortunata ad avere accanto persone come Alice, Mila e Francesco, che non esitano nemmeno un istante per aiutarla. 
Ed è così che la bottega che tutti davano per persa si trasforma così nel sogno di tre giovani donne, determinate a farla rinascere dalle macerie. 
Che cosa accadrà? 
Riuscirà Lidia a ritrovare sé stessa e a ripagare i debiti del padre? 
E che cosa accadrà tra lei Pietro e Francesco? 

Non l’ho mai vista così felice, e dice che è il bambino a darle l’energia per lavorare al nostro progetto. Devo ammettere che è bravissima: tutti i corsi di design che ha frequentato nella vita- e che io ho sempre deriso perchè reputavo per gente ricca e annoiata- alla fine sono serviti. Senza tutta la sua preparazione questo posto assomiglierebbe ancora a un deposito di robe vecchie e cianfrusaglie. Ogni tanto il suo fare “comandino” viene fuori ma, se prima mi sarei innervosita, adesso la guardo, con gli occhi della tenerezza. 
Si vede lontano un miglio che ci crede in questa nuova versione di Caffè Napoli. Se sin dall’inizio non ci fosse stato il suo entusiasmo, io avrei mollato. 
Anzi, non avrei neppure cominciato. 
Il merito è anche di Mila. Dispensa consigli, sistema gli oggetti -“scusa ma ho l’occhio fotografico e quando una cosa è storta la devo aggiustare”. Senza contare che grazie al sito che lei ha creato in tempi record, a fine giornata posso contare su un bell’incasso. 
Tutta questa energia nuova è un balsamo sul cuore. 
Non basta a farlo guarire, ma mi aiuta a districare almeno un po’ i nodi che ho dentro. 
Papà c’è ancora in negozio, ma ho voluto cancellare la sua parte remissiva che gli faceva dire di sì a tutto quello che gli offrivano, che pagava più del dovuto e poi non riusciva a rivendere a un prezzo congruo.

La scrittrice e giornalista Chiara Gily, napoletana di nascita e triestina per scelta, ambienta la nuova storia del suo romanzo “Aspettami al Caffè Napoli”, nelle due città che ama. 
“Aspettami al Caffè Napoli” è un romanzo intenso e pieno di calore, ambientato tra i vicoli colorati di Napoli. 
I temi trattati sono la famiglia e le radici, le seconde opportunità, la solidarietà femminile, la morte, il matrimonio, la maternità, l’arte, le passioni, l’amicizia, il tradimento, la rinascita personale, la libertà, la felicità e l’amore. 
Lo stile di scrittura è scorrevole, piacevole, intenso, caldo e dolce come una bella tazza di caffè ben zuccherato e frizzante come un calice di spritz. 
I personaggi sono strutturati bene, grazie alle ampie descrizioni inserite dalla scrittrice, che permettono al lettore di entrare in empatia e affezionarsi a ognuno di loro. 
Consiglio questo libro a tutte/i coloro che desiderano leggere un libro piacevole, che scalda il cuore come una buona tazza di caffè. 
Consiglio questo libro anche a tutte/i coloro che desiderano leggere una storia basata sui legami familiari, sull’amore, sul destino e sulle seconde possibilità. 
Lasciatevi avvolgere dal profumo intenso del caffè, e preparatevi a leggere una storia profonda ed emozionante!!
Buona lettura 📚📚!!

“La Grande Sete” di Erica Cassano

Titolo: La Grande Sete 
Autore: Erica Cassano 
Casa Editrice: Garzanti 
Collana: Narratori moderni 
Edizione: 2 
Data uscita: 4 Marzo 2025 
Pagine: 384 
Genere: Romanzo storico 

Erano le settimane della Grande Sete.
I tedeschi avevano fatto saltare l’acquedotto del Serino, le riserve si erano prosciugate e, dalla fine di agosto, la città era a secco. Sulla spiaggia di Chiaia qualcuno aveva costruito certi marchingegni che servivano a dissalare l’acqua del mare, fatti con bidoni di latta e pentoloni di rame riscaldati con il carbone. […]
L’aria era densa, irrespirabile per il tanfo, i fuochi che crepitavano nei bracieri rendevano il caldo ancora più insopportabile. Mi si era infilata, odiosa, della sabbia nei sandali. Battevo a terra i piedi per provare a toglierla, senza riuscirci, anzi, facendone entrare ancora di più. Abbassarmi per levare i granelli sarebbe stato impossibile, premuta com’ero dagli Assetati che si accalcavano e spingevano. 

Questo libro è ambientato a Napoli nel 1943, durante le Quattro Giornate e il periodo della Grande Sete, quando la città era senz’acqua a causa dei bombardamenti che avevano danneggiato le tubature. 
La storia viene raccontata dalla protagonista, Anna, una giovane donna che insieme alla sua famiglia si era trasferita da Genova a Napoli. 
Il padre Enrico Piovine, insieme al suo amico il dottor Giacomo Pittamiglio, oltre l’orario di lavoro, si occupavano di stampare molti volantini contrari al regime nella loro stamperia, che avevano allestito nella cantina del palazzo in cui vivevano a Genova Sampiardarena. Ben presto, l’attività illecita di Enrico e Giacomo, venne scoperta e a giugno, vennero cacciati da Genova. Il dottor Pittamiglio, eta stato mandato al confine mentre il suo amico, il ferroviere Enrico Piovine a Napoli, una città lontana da Genova per impedirgli di creare un’altra rete di comunicazione. 
La famiglia di Enrico, si trasferì a Napoli che la guerra era già incominciata e la moglie Dalia, non riusciva ad accettare la nuova casa e il clima di Napoli. Dalia a Genova, usciva sempre, le piaceva andare a teatro al Carlo Felice, per ammirare le prime teatrali… mentre a Napoli, non usciva mai da quelle quattro mura, che erano la loro nuova casa. 

La sua vita, a Genova, era un’alternarsi tra lezioni di danza classica, che prendeva e impartiva, eventi e prime delle stagioni teatrali. C’erano le serate da gala, a cui si recava elegante, d’inverno coi vestiti di velluto che sfioravano le caviglie e d’estate avvolta in stoffe leggere che le scivolavano sui fianchi. Non capitava mai che passasse intere giornate a casa, anche se amava il nostro bell’appartamento, con la sala da pranzo che il pomeriggio era inondato di luce, dove lei leggeva mentre Felicita e io studiavamo, in attesa che nostro padre finisse di lavorare. Faceva ancora il capostazione, a fine giornata non era stremato. Di domenica, poi, andavamo con il treno a Sestri Levante, a mangiare in spiaggia larghe fette di focaccia bianca, o a Pegli, dove, incima alla collina, sorgeva la Villa Pallavicini. Mia madre era molto affezionata alla villa e ci portava a visitare i giardini lungo i sentieri in salita. Costeggiavamo cespugli di camelie e alberi altissimi, ci fermavamo a guardare il mare dall’alto. 
Ogni cosa, in quei giardini, era una sorpresa.

Invece Anna, è una ragazza molto intelligente e capisce che Genova e Napoli, in realtà sono due città molto simili e spera che guerra finisca il prima possibile per godersi le spiagge di Napoli. 

Le due città, Genova e Napoli, s’assomigliavano: il mare di fronte, con mille barche che lo univano alla terra. Entrambe erano fatte di vicoli, entrambe erano sovrastate da alture. 
Poi erano iniziati i bombardamenti e Napoli era stata deturpata. Allora l’avevo amata davvero. 
Non avevo amato il riflesso di Genova, ma quella città, anche se martoriata. 
Ma ora mi chiedevo: era amore o pietà? 

Il libro è ambientato durante i Quattro giorni, noti a tutti come quelli della “Grande Sete” (da cui il titolo), per la mancanza d’acqua in tutta la città di Napoli a causa dei bombardamenti dei tedeschi. 
All’inizio del libro, il lettore accompagna la protagonista Anna, insieme a Giacomo Pittamiglio e alla sua compagna Catena, a prendere un po’ d’acqua. Per far fronte all’emergenza, avevano creato un modo per dissalare l’acqua del mare e tutti gli Assetati, dopo ore di coda sotto al sole, ottenevano un po’ d’acqua. Mentre Anna era in fila, un’Assetata (così vengono chiamati all’interno del libro), la esorta ad andarsene e la protagonista, assisterà a una scena terrificante, molto violenta e che mette in evidenza i comportamenti aggressivi causati dalla Grande Sete. 
Ma in realtà, Anna e la sua famiglia, erano gli unici di tutto il quartiere, anzi, di tutta la città, ad avere l’acqua in casa. 

La nostra era la Casa dell’Acqua. Eravamo gli unici, in tutto il quartiere, e forse in tutta la città, a non star morendo di sete. Da noi l’acqua continuava a uscire dal lavello della cucina, trasparente e odorosa di cloro. Per mia madre era un miracolo: diceva che Mosè era salito sul monte Oreb a battere la roccia solo per noi. Secondo mio padre, invece, era un caso, un peso più che una benedizione. Non riusciva a spiegarselo. Le nostre erano le uniche tubature a non essere state danneggiate, oppure sotto i piedi avevamo un pozzo nascosto. […] 
Comunque, lo considerava un pericolo: se l’avesse scoperto anche una sola persona, avremmo dovuto metterci a distribuire l’acqua a tutto il quartiere, anzi, come diceva lui, a tutti i fetenti di Napoli. Doveva restare un segreto, pure per quei pochi che ancora popolavano il palazzo. 

Anna, non ha mai patito la sete a differenza di tutti gli Assetati. Il padre Enrico, aveva proibito a tutta la sua famiglia di divulgare la notizia, nessuno sapeva che loro avevano l’acqua in casa, nemmeno il suo amico Giacomo Pittamiglio e Carmela, l’amica di Anna che abitava nel palazzo al quarto piano. 
Anna è una ragazza molto intelligente, ma anche lei, come molti napoletani, ha paura della guerra e dei bombardamenti. 
Durante i bombardamenti, Anna e la sua famiglia si rifugiavano in una Galleria, insieme a molte altre persone, che scappavano dalla distruzione della guerra. 
Il padre Enrico, non ha mai voluto che le sue due figlie Felicita e Anna, lavorassero perchè desiderava che studiassero e coltivassero le loro passioni. Infatti, Anna non vedeva l’ora di iscriversi all’Università di lettere, una volta terminata la guerra. 
Nel frattempo, Anna aveva sete, una sete implacabile di sapere e di apprendere nuove nozioni. Il padre, le aveva regalato una piccola grammatica inglese, convinto che questa nuova lingua sarà fondamentale per il futuro. E’ così, che Anna studia da sola l’inglese per tener la mente allenata e colmare la grande sete di sapere. 

Mi sentivo privata di qualcosa di irrinunciabile. Come agli Assetati mancava l’acqua, a me mancava quello che mi dissetava la testa. Mi sentivo prosciugata, temevo di perdere la capacità che avevo sempre avuto di mandare a memoria concetti e quindi mettevo a punto i miei marchingegni per cercare di non far rinsecchire la mente. Ripetevo ad alta voce i canti di Dante che ci avevano fatto imparare a scuola, soprattutto quello in cui Caronte arrivava a bordo della sua barca, che era il mio preferito. 
Altre volte, invece, inventavo storie e le scrivevo, cercando di riprodurre la grafia tonda e dritta per cui avevo sempre ricevuto tante lodi, e che mi aveva fatto diventare subito la migliore della classe quando da Genova ero arrivata a Napoli. 

Anna studia e rilegge i libri che possiede, mentre aspetta che il padre ritorni dal lavoro. Ma i giorni passano ed Enrico non ritorna… nessuno ha sue notizie, nemmeno il suo amico Pittamiglio. 
Nel quartiere e nel palazzo, tutti pensano che sia morto ma Anna, sua madre e sua sorella Felicita, continuano a sperare che ritorni a casa. 
Anna capisce che non ha tempo per sognare e che deve provvedere al sostentamento della sua famiglia. E’ così, che decide di accettare un impiego come segretaria presso la base americana di Bagnoli, approfittando della sua conoscenza della lingua inglese. 
Nella base americana, Anna conoscerà molte persone come le gemelle Zelda e Milena, che diventeranno sue amiche, ma anche Robert e Kenneth. 
Kenneth ha origini italiane, la madre era immigrata dall’Italia a Oklahoma e lui, era curioso di scoprire le sue origini. E’ così che Anna sognerà ad occhi aperti il suo futuro, pieno di libertà e forse, nel suo futuro c’è una nuova terra, una terra lontana e spazio per l’amore. 

“Non puoi capire perchè non sai”, pensai. “Perchè sei nato in una casa bianca dall’altra parte del mondo. Perché a scuola non dovevi intitolare il tema Elogio del Duce. Perchè non hai mai visto la gente sperare di avere un futuro migliore solo perchè qualcuno lo annunciava da un balcone. Perchè non ti sei mai trovato a vivere in mezzo a persone che si fidavano della voce di quell’uomo che prometteva, prometteva e intanto levava, levava.
Duce che alla fame ci conduce. 
E noi andavamo, andavamo con lui, e nessuno riusciva a ribellarsi, e chi ci provava veniva esiliato, ucciso, mandato nelle città che più venivano bombardate, in cui potevi morire.” 
Certo Kenneth non poteva capire. 
Non faceva parte del popolo ingenuo che si era lasciato sottrarre la propria libertà. 

Ma Anna non vuole lasciarsi alle spalle la guerra, vuole salvarsi da sola, proprio come Napoli. E la grande Sete di sapere non è facile da soddisfare. E’ una forza che viene da dentro e parla di indipendenza, di amore per il sapere, ma anche di coraggio per farsi sentire in un mondo che non sa ascoltare. 
Riuscirà Anna a colmare la sua Grande Sete? 
Tornerà a casa il padre di Anna? 
Che cosa accadrà?

Mi accorsi di avere la gola secca e mi andai a mettere con la bocca sotto al lavello. Bevvi a lungo. Il fresco mi invase il corpo, una sensazione solida di salvezza. Eppure, pensai, non era quella la sete che dovevo soddisfare. A me non era mai mancata l’acqua. Non mi ero mai dovuta svegliare con la lingua attaccata al palato, le labbra così secche da spaccarsi. C’era qualcosa che mi sfuggiva. Mi era scomparso il callo che avevo sull’anulare e che per gli anni di scuola mi aveva fedelmente accompagnato. Da quanto non tenevo in mano un pennino, da quanto le mie dita non si sporcavano d’inchiostro. 
Quasi avevo dimenticato come si traduceva il latino. Rileggevo romanzi di cui già sapevo il finale perchè non potevo acquistare, di nuovi o andare in biblioteca. 
Avevo consumato la grammatica inglese solo perchè era l’unico libro che mi permetteva di imparare qualcosa di nuovo.
Ecco quello che veramente mi mancava. 
Leggere, studiare. Vivere.

La scrittrice Erica Cassano esordisce con “La Grande Sete”, si ispira alla storia di sua nonna, che ha scoperto tramite un vecchio diario e alcune foto ingiallite. 
Con il termine “Grande Sete”, si intende non solo le Quattro Giornate senza acqua, ma anche la sete della protagonista, la voglia di conoscere, di apprendere nuove nozioni, ma anche fame di vita, di libertà e di pace. 
I temi trattati sono l’emancipazione femminile, i legami familiari, l’amore, l’amicizia, i dolori, i sacrifici, i sogni, le speranze, il lavoro, la memoria e la cultura, indispensabile per creare un futuro di dignità senza pregiudizi. 
Lo stile di scrittura è scorrevole, piacevole, emozionante e diretto, la storia è strutturata molto bene, coerente con il periodo storico narrato. 
I personaggi sono strutturati bene, grazie all’impostazione della scrittrice di descrivere ogni personaggio nei minimi particolari. Il lettore si affezionerà non solo alla protagonista Anna, ma anche a sua sorella Felicita, che dietro al suo carattere forte, nasconde i suoi sentimenti. 
Mi è piaciuto molto il rapporto tra Anna e la sua nipotina Silvana, di quasi quattro anni, che a causa della guerra deve crescere senza il padre Luigi e anche se la madre la tratta male, potrà sempre contare sull’affetto della protagonista. 
Consiglio questo libro a tutte/i coloro che desiderano tuffarsi a Napoli nel periodo della Grande Sete, un romanzo che parla di emancipazione, di libertà, pura e cristallina come l’acqua, il bisogno primario ed essenziale. 
Consiglio questo libro anche a tutte/i coloro che desiderano leggere un libro con una protagonista femminile forte, determinata, intelligente come Anna, che da Genova si trasferisce a Napoli, città devastata dalle bombe in attesa degli Alleati. 
Lasciatevi travolgere dalla potenza e dalla forza della parole della scrittrice Erica Cassano!!
Buona lettura 📚📚!!

“Che male c’è” di Marco Giangrande

Titolo: Che male c’è
Autore: Marco Giangrande
Editore: Longanesi 
Collana: La Gaja scienza
Data uscita: 13 Settembre 2022
Pagine: 304
Genere: Romanzo contemporaneo 
Acquista: https://www.amazon.it/Che-male-cè-Marco-Giangrande/dp/8830459240/ref=asc_df_8830459240/?tag=googshopit-21&linkCode=df0&hvadid=610969455831&hvpos=&hvnetw=g&hvrand=16237049927066240518&hvpone=&hvptwo=&hvqmt=&hvdev=c&hvdvcmdl=&hvlocint=&hvlocphy=1008337&hvtargid=pla-1924832019032&psc=1

Io mi sentii tradito dall’amore, da quel sentimento che evidentemente aveva deciso di evitare accuratamente il mio cuore, lasciandolo come una casa pronta, elegante, accogliente, ma desolatamente vuota.

Il libro è ambientato negli anni Ottanta, il protagonista si chiama Francesco Giuliani, ma tutti i suoi amici lo chiamano “Zez”, da “Zezo” che tradotto letteralmente dal napoletano significa “cascamorto della gentilezza un po’ mielosa”. La sua famiglia è borghese, la mamma Marisa è una donna molto dolce, cattolica e appassionata di cucina, sposata con Luigi, un uomo molto determinato e che voleva il meglio per i suoi due figli: Zez e suo fratello Carlo. 
Carlo è sempre stato il figlio perfetto, con ottimi voti e il padre ne è sempre stato orgoglioso. Ma Zez non era come il fratello, amava giocare a calcio con i suoi amici, che hanno reso la sua adolescenza unica, riuscendo a salvaguardarlo dalla sua profonda timidezza e dalla paura di essere sbagliato.
“Gli amici quelli veri, puoi non vederli per anni, ma quando ci si rincontra il filo si riannoda immediatamente ed esattamente nel punto in cui si era interrotto. 
Potenza dell’amicizia.”
La paura di essere sbagliato, aumentava giorno dopo giorno, soprattutto quando il padre lo fece iscrivere all’Università Federico II nella facoltà di Economia e Commercio. Il padre, era convinto che al termine del percorso universitario, avrebbe garantito al figlio di ottenere un buon lavoro. 
Ma a Zez non piacciono molto le materie scientifiche, e si ritrova pieno di dubbi e di tormenti su sé stesso. Conosce delle ragazze, ma ognuna si rivela inadeguata, sbagliata, come se lui non fosse degno di provare l’amore con la A maiuscola. Decide di andare via da Napoli, dalla sicurezza economica del padre e della sua famiglia.
Si trasferisce in una città lontano anche dai suoi amici, che per lui erano sempre stati un porto sicuro. 
Nella. nuova città inizierà a conoscere nuovi personaggi, anche un po’ strani, si ritroverà in contesti assurdi e in relazioni complicate. Ma il lavoro gli permetterà di andare anche a Parigi, di capire l’affetto profondo del padre Luigi. 
Zez riuscirà a trovare l’amore? Riuscirà a fare pace con i suoi tormenti?


Lo scrittore Marco Giangrande esordisce con “Che male c’è”, racconta il periodo di transizione dall’adolescenza all’età adulta negli anni ’80, riuscendo a catturare il cuore del lettore. 
I temi trattati sono l’amore, le amicizie, i viaggi, i tormenti interiori, il rapporto con il padre, le gioie e anche i sogni, che permettono a Zez di cercare la propria felicità. 
Lo stile di scrittura è semplice, leggero, piacevole con alcune parole in dialetto napoletano, che riescono a far sorridere il lettore.
Lo scrittore Marco Giangrande ha ripreso il tema dell’adolescenza, in una veste nuova, fatta di spalline, di Timberland, degli zaini Invicta e delle 50 Special, quando ancora i social non esistevano, riuscendo a catapultare negli anni ’80 il lettore.
I personaggi sono strutturati bene, che si congiungono perfettamente alla narrazione. I personaggi che ho amato di più sono Zez, un ragazzo insicuro, ma che a poco a poco riesce a farsi notare per la sua intelligenza, simpatia e sensibilità; ma anche donna Marisa, con le sue preoccupazioni per il figlio e per la sua arte culinaria, per questo custodisce un posto speciale nel mio cuore.
Il lettore si ritroverà ad immaginare ogni situazione raccontata, sorridendo e riflettendo in alcuni momenti.
Consiglio assolutamente questo libro, a tutti coloro che vogliono leggere un libro spensierato, piacevole e che è in grado di far rivivere l’adolescenza. 
Ringrazio la Casa Editrice Longanesi, per avermi inviato il libro di Marco Giangrande, che mi ha permesso di immergermi negli anni ’80, riuscendo a farmi divertire e riflettere, durante la lettura.
Buona lettura 📚!!